Io sono il Signore Dio tuo: Non avrai altro Dio fuori di me Doveri verso Dio. Il metodo pastorale di Padre Pio, nella confessione, tendeva sempre al positivo della vita cristiana; il suo intervento era finalizzato a riattivare la vita divina soffocata dal peccato e ad alimentarla con i mezzi che Cristo ci ha donato: preghiera, parola, sacramenti. Padre Pio insisteva sulle preghiere del mattino e della sera. A un nostro amico diceva: «Quando si comincia bene una giornata con la preghiera, la si finisce bene». Un caso singolare. Nelle riunioni dei Gruppi di Preghiera veronesi solitamente è presente un signore che ha raccontato la sua prima confessione con Padre Pio. Dopo avergli dato l'assoluzione, il Padre gli chiese: «Preghi, figliolo?». Risposta: «Non molto, Padre». Padre Pio: «Figliolo, chi prega si salva. Chi non prega si danna. Chi prega poco è in pericolo. Per penitenza dirai 90 Pater, Ave, Gloria, tutti i giorni per 3 mesi». Dopo un certo tempo ritornò, si confessò e ricevette per penitenza 45 Pater, Ave, Gloria, tutti i giorni per 45 giorni. Non basta. Confessatosi una terza volta, per penitenza ebbe 15 Pater, Ave, Gloria per 15 giorni. Da quegli incontri sono passati 30 anni e il nostro amico continua ancor oggi quotidianamente a pregare i suoi 15 Pater, Ave, Gloria. La preghiera ha forgiato un cristiano che quotidianamente, nonostante gli impegni del suo negozio, frequenta la messa e trova spazio per il suo rosario in famiglia. Caso limite, si può ritenere, certo, ma non così raro. Padre Pio sapeva arrivare dove noi ordinariamente non siamo in grado di operare. Era l'artista audace e geniale delle anime. Un altro caso su questa linea, del 1959. Il signor C. di Lion
di Albignasego (Padova), un parrocchiano tutt'altro che praticante,
toccato dai discorsi di un amico che aveva incontrato Padre Pio,
va a San Giovanni Rotondo e finisce per confessarsi,
dopo anni e anni di assenza. Viene assolto, però deve dire 16 Pater,
Ave, Gloria ogni giorno, per sei mesi. Incontrato poi dopo non pochi
anni da quel primo viaggio, il signor C. racconta che quei 16 Pater,
Ave, Gloria sono diventati la sua preghiera quotidiana; assicura che continuerà sempre. Comunismo. Ai tempi di Padre Pio non era ancora caduto il muro di Berlino e le persecuzioni scatenate dal comunismo allungavano le liste dei martiri. A un comunista di Cerignola, ai tempi di Di Vittorio, in confessione, dopo che il penitente pensava di aver manifestato tutte le sue colpe, disse: «E quella tessera che tieni qui, non ti dice niente?». «Oh, Padre è per il lavoro». «E il lavoro te l'hanno dato? Hai tradito il Signore tuo Dio e ti sei messo tra i suoi nemici». A proposito di tessere comuniste è famoso il caso di Giovanni Bardazzi di Prato, un tipo conquistato da Padre Pio che divenne, poi, un conquistatore di anime nell'area comunista. Respinto da Padre Pio, la prima volta, si era ribellato e, partecipando a un'udienza generale, gridò al Papa Pio XII che Padre Pio l'aveva cacciato. Il Papa lo prese in disparte e lo confessò nella sala delle udienze. Questo convertito ogni mese scendeva quattro volte dalla Toscana a San Giovanni Rotondo con il suo carico di pellegrini e non ne mancavano di quelli che avevano la tessera del partito comunista. Si può aggiungere che non era una rarità vedere tessere del genere in mano a Padre Pio. Temi e personaggi del comunismo Padre Pio li toccava non tanto sotto il profilo politico, bensì pastorale. Per lui il comunismo era una questione di fede: avere il senso di Dio nella vita è essenziale; togliere Dio dalla vita significa disintegrazione dell'uomo e della società. Sull'argomento, ecco alcune sue battute: «I comunisti non
hanno Dio, e senza Dio non si costruisce neppure la società».
«Il comunismo è come un albero, fiorente di vegetazione, ma dalle radici malate; cadrà da solo». Spiritismo e satanismo. Il primo comandamento vieta le pratiche spiritiche. L'atteggiamento di Padre Pio con coloro che si davano alla ricerca di comunicazioni con il mondo del satanismo trovava la radice nelle sue tragiche esperienze di scontri di ogni genere con satana e i suoi satelliti. Esperienze dolorose e vissute da Padre Pio e che hanno caratterizzato non solo i tempi di Pietrelcina, ma, anche se in modo diverso, tutta la sua esistenza. Le arti del demonio tendono a staccare da Dio e Padre Pio conosceva fin troppo bene, per sua esperienza personale, le sottili strategie di questo terribile nemico. Non era poi così rara questa categoria di penitenti che arrivavano al confessionale di Padre Pio. A un amico di Palermo, l'avvocato Z. L., gridò: «Finitela con lo spiritismo. Quello è satana in persona». A una signorina di Treviso, da anni abituata alle tavole parlanti, per liberarla dal fascino di tali esperienze, negò l'assoluzione ripetutamente. A un medico di Taranto, per disinfestarlo dall'abitudine degli incontri spiritici, nella prima confessione lo fece trepidare, tremare e sudare prima dell'assoluzione. Il professor Settimio M. di Teramo ha pubblicato questa testimonianza:
La descrizione del racconto continua per alcune pagine e finisce con questo dialogo con Padre Pio: «Padre Pio, se lei mi aiuterà a uscire da questo inferno in cui mi trovo... sarò sempre tenace e fedele a lei». E Padre Pio: «Io starò sempre vicino a te, non ne dubitare». Il racconto continua: «Per dare appena un'idea della drammatica situazione di spirito in cui mi trovavo, ricordo che Padre Pio ebbe a dire, successivamente a un amico: "Per Settimio M. ho impiegato due anni a trovare il bandolo della matassa!"». Questo signore quarantenne non si confessava dalla prima comunione; divenne poi uno dei fedelissimi. |