Sant'Agostino dice che per ottenere con più sicurezza e abbondanza il favore dei santi bisogna imitarli, perché vedendo che noi pratichiamo le virtù da loro esercitate, essi sono più portati a pregare per noi. Maria, la regina dei santi e la nostra prima avvocata, dopo aver sottratto un'anima dagli artigli di Lucifero e averla unita a Dio, vuole che quest'anima cerchi d'imitarla, altrimenti non potrà arricchirla delle sue grazie come vorrebbe, vedendola contraria ai suoi comportamenti. Perciò la Vergine chiama beati quelli che imitano diligentemente la sua vita: «Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie!» (Prv 8,32). Chi ama, o è simile o cerca di rendersi simile alla persona amata, secondo il celebre proverbio: «L'amore trova o fa uguali». Perciò san Girolamo ci esorta dicendo che se noi amiamo Maria, dobbiamo cercare d'imitarla, perché questo è il maggiore omaggio che possiamo offrirle. Riccardo di san Lorenzo afferma che sono e possono chiamarsi veri figli di Maria quelli che cercano di imitare la sua vita. Dunque, conclude san Bernardo, il figlio si sforzi di imitare la Madre, se desidera il suo favore; poiché allora, vedendosi onorata come madre, Maria lo tratterà e favorirà come figlio. In quanto poi alle virtù di questa Madre, anche se i Vangeli non ne riportano molti dettagli, tuttavia, dato che vi si dice che fu piena di grazia, comprendiamo facilmente che Maria ebbe tutte le virtù e tutte in grado eroico. San Tommaso dice: «Ciascuno degli altri santi ha primeggiato in una virtù particolare: uno fu soprattutto casto, un altro fu soprattutto umile, un altro fu soprattutto misericordioso. Ma la beata Vergine ci è stata data come esempio di tutte le virtù». E sant'Ambrogio afferma: «Così fu Maria, perché la sua vita fosse di esempio a tutti». Perciò il santo ci lasciò scritto: «Come in un'immagine rifulga in voi la verginità e la vita di Maria, nella quale risplende ogni forma di virtù. Da lei attingete gli esempi di vita... ciò che dovete correggere, ciò che dovete evitare, ciò a cui dovete aderire». E poiché, come insegnano i santi padri, l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù, vediamo in primo luogo quanto fu grande l'umiltà della Madre di Dio. L'UMILTÀ DI MARIA «L'umiltà è fondamento e custode delle virtù», dice san Bernardo, e con ragione. Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun'altra virtù in un'anima. Anche se essa possiede tutte le virtù, tutte verranno meno se viene meno l'umiltà. Al contrario, come san Francesco di Sales scrisse alla beata suor Giovanna di Chantal, Dio ama tanto l'umiltà, che subito accorre dove la vede. Questa bella virtù così necessaria era sconosciuta nel mondo, ma il Figlio stesso di Dio venne ad insegnarla sulla terra con il suo esempio e volle che specialmente in essa noi cercassimo d'imitarlo: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Come fu la prima e più perfetta discepola di Gesù Cristo in tutte le virtù, così Maria lo fu anche nell'umiltà, per cui meritò di essere esaltata sopra tutte le creature. Fu rivelato a santa Matilde che la prima virtù esercitata dalla Vergine fin dalla fanciullezza fu l'umiltà. Il primo atto dell'umiltà di cuore è avere un basso concetto di sé. Maria ebbe sempre un così basso concetto di se stessa, come fu ugualmente rivelato a santa Matilde, che, pur vedendosi arricchita di grazie più degli altri, non si mise mai al di sopra di nessuno. Spiegando quel passo del Cantico dei Cantici: «Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa... con un solo capello del tuo collo» (Ct 4,9 Vulg.), l'abate Ruperto dice che questo capello del collo della sposa fu appunto l'umile concetto che Maria ebbe di sé, con cui ferì il cuore di Dio; «che cosa c'è infatti più sottile di un capello?». Non già che la santa Vergine si stimasse peccatrice, perché l'umiltà è verità, come dice santa Teresa, e Maria sapeva di non aver mai offeso Dio. Non che non confessasse di aver ricevuto da Dio maggiori grazie di tutte le altre creature, perché un cuore umile ben riconosce i favori speciali del Signore per umiliarsi ancor più; ma la divina Madre, alla luce più grande che aveva per conoscere l'infinita grandezza e bontà del suo Dio, conosceva meglio la sua piccolezza. Perciò si umiliava più di ogni altro e con la sposa del Cantico dei Cantici diceva: «Non guardate che io sono bruna, perché mi ha abbronzato il sole» (Ct 1,6). San Bernardo commenta: «In confronto al suo splendore, mi trovo nera». Infatti, dice san Bernardino, «la Vergine aveva sempre un rapporto attuale con la divina maestà e con il proprio niente». Come una mendicante, se indossa una ricca veste che le è stata donata, non se ne insuperbisce, ma nel vederla tanto più si umilia davanti al suo donatore perché più si ricorda della sua povertà, così Maria, quanto più si vedeva arricchita, tanto più si umiliava, ricordandosi che tutto era dono di Dio. La Vergine stessa disse alla benedettina santa Elisabetta: «Sappi che io mi ritenevo la creatura più spregevole e indegna della grazia di Dio». San Bernardino afferma: «Come nessuna creatura, dopo il Figlio di Dio, s'innalzò sulle vette della grazia quanto Maria, così nessuna creatura scese più in basso nell'abisso dell'umiltà». Inoltre è atto di umiltà nascondere i doni celesti. Maria volle tacere a san Giuseppe la grazia di essere divenuta Madre di Dio, anche se pareva necessario informarlo, per dissipare i sospetti che lo sposo poteva avere sulla sua onestà vedendola incinta, o almeno per liberarlo dal turbamento. San Giuseppe infatti, non potendo dubitare della castità di Maria e d'altra parte ignorando il mistero, «decise di rimandarla in segreto» (Mt 1,19); e, se l'angelo non gli avesse rivelato che la sposa aveva concepito per opera dello Spirito Santo, l'avrebbe lasciata. Inoltre l'umile rifiuta le lodi per sé e le riferisce tutte a Dio. Maria si turbò nel sentirsi lodare dall'angelo Gabriele e quando santa Elisabetta le disse: «Benedetta tu fra le donne... A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?... Beata colei che ha creduto...» (Lc 1), la Vergine, attribuendo tutte quelle lodi a Dio, rispose con l'umile cantico: «L'anima mia magnifica il Signore». Come se dicesse: Elisabetta, tu lodi me, ma io lodo il Signore a cui solo è dovuto l'onore. Tu ammiri che io venga a te; io ammiro la divina bontà: «il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». Tu mi lodi perché ho creduto; io lodo il mio Dio che ha voluto esaltare il mio niente: «perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,46-48). Maria disse a santa Brigida: «Perché mi umiliavo tanto e ho meritato tanta grazia, se non perché ho saputo e pensavo di non essere e di non avere niente? Perciò non volli la mia lode, ma soltanto quella del donatore e del creatore». Parlando dell'umiltà di Maria, sant'Agostino esclama: «O beata umiltà, che donò Dio agli uomini, aprì il paradiso e liberò le anime dagli inferi». È proprio degli umili il servire, e Maria non esitò ad andare a servire Elisabetta per tre mesi. Dice dunque san Bernardo: «Elisabetta si meravigliava che Maria fosse venuta, ma ancor più si stupisca che sia venuta non per essere servita, ma per servire». Gli umili se ne stanno in disparte e si scelgono il posto peggiore. Perciò Maria, osserva san Bernardo, quella volta che Gesù stava predicando in una casa (Mt 12), desiderava parlargli ma «non volle interrompere il discorso di suo Figlio con la sua autorità di madre e non entrò nella casa in cui egli parlava». Per la stessa ragione, stando nel cenacolo con gli apostoli, Maria volle mettersi all'ultimo posto. Leggiamo in san Luca: «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù» (At 1,14). Non che san Luca non conoscesse i meriti della divina Madre, per cui avrebbe dovuto nominarla in primo luogo; ma poiché Maria si era messa all'ultimo posto nel cenacolo, dopo gli apostoli e le altre donne, san Luca menziona tutti i presenti secondo l'ordine in cui stavano collocati. È questo il pensiero di un autore. Dice san Bernardo: «Giustamente l'ultima è diventata la prima perché, pur essendo la prima di tutti, si comportava come se fosse l'ultima». Infine gli umili amano le manifestazioni di disprezzo. Perciò non si legge che Maria fosse presente in Gerusalemme quando nella Domenica delle palme il Figlio fu ricevuto dal popolo con tanti onori. Invece al momento della morte di Gesù la Vergine non si astenne dal comparire in pubblico sul Calvario, affrontando il disonore di essere riconosciuta come madre del condannato, che moriva da infame con una morte infame. Maria disse a santa Brigida: «Che cosa c'è di più spregevole di essere considerata incapace, di avere bisogno di tutto e di credersi la più indegna di tutti? Tale, o figlia, fu la mia umiltà, questa la mia gioia e questa la mia volontà, perché non avevo altro pensiero che di piacere unicamente a mio Figlio». Alla venerabile suor Paola da Foligno fu dato in un'estasi di comprendere quanto fu grande l'umiltà della santa Vergine. Parlandone al suo confessore, la religiosa, piena di stupore, diceva: «Ah padre, l'umiltà della Madonna! Nel mondo non vi è neppure un minimo grado di umiltà in confronto a quella di Maria». Una volta, il Signore fece vedere a santa Brigida due dame, una tutta fasto e vanità. «Questa, le disse, è la superbia. L'altra che vedi, con atteggiamento modesto, rispettosa verso tutti, con il pensiero rivolto unicamente a Dio e che si considera come un niente, è l'umiltà e si chiama Maria». Dio volle in tal modo manifestarci che la sua beata Madre era così umile, che era l'umiltà stessa. È certo che per la nostra natura corrotta dal peccato non c'è forse, dice san Gregorio Nisseno, nessuna virtù più difficile da praticare che l'umiltà. Ma non c'è altra via: non potremo mai essere veri figli di Maria se non siamo umili. Dice san Bernardo: «Se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della Vergine». Ella aborrisce i superbi, chiama a sé soltanto gli umili: «Chi è fanciullo venga a me» (Prv 9,4). Riccardo di san Lorenzo afferma: «Maria ci protegge sotto il mantello dell'umiltà». La Madre di Dio stessa così parlò a santa Brigida: «Anche tu, figlia mia, vieni e nasconditi sotto il mio mantello; questo mantello è la mia umiltà». Poi disse che la considerazione della sua umiltà è un buon mantello che riscalda. Ma come il mantello non riscalda se non chi lo porta, non solo con il pensiero, ma anche in opera, così, aggiunse, «la mia umiltà non giova, se non ci si sforza di imitarla. Perciò, figlia mia, rivestiti di questa umiltà». Quanto sono care a Maria le anime umili! San Bernardo scrive: «La Vergine riconosce e ama quelli che la amano ed è vicina a coloro che la invocano, specialmente a quelli che vede conformi a sé nella castità e nell'umiltà». Perciò il santo esorta tutti coloro che amano Maria ad essere umili: «Sforzatevi di emulare questa virtù, se amate Maria». Martino d'Alberto della Compagnia di Gesù per amore della Vergine era solito scopare il convento e raccoglierne le immondizie. Una volta, riferisce il padre Nieremberg, gli apparve la divina Madre e ringraziandolo gli disse: «Quanto mi è cara quest'azione fatta per amor mio!». Dunque, mia Regina, non potrò mai essere tuo vero figlio se non sono umile. Ma non vedi che i miei peccati dopo avermi reso ingrato verso il mio Signore mi hanno fatto diventare anche superbo? Madre mia, poni tu rimedio alla mia situazione: per i meriti della tua umiltà ottienimi di essere umile, divenendo così figlio tuo. Amen. LA CARITÀ DI MARIA VERSO DIO Dice sant'Anselmo: «Quanto più un cuore è puro e vuoto di se stesso, tanto più sarà pieno di amore verso Dio». Maria fu tutta umile e vuota di sé, scrive san Bernardino, e perciò fu tutta piena di amore divino, superando l'amore di tutti gli uomini e di tutti gli angeli verso Dio. Con ragione dunque san Francesco di Sales la chiamò la «Regina dell'amore». Il Signore ha dato all'uomo questo precetto: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore» (Mt 22,37). «Questo precetto, dice san Tommaso, sarà adempiuto completamente e perfettamente in cielo. Su questa terra viene adempiuto, ma in maniera imperfetta». Il beato Alberto Magno afferma che in certo modo sarebbe stato disdicevole a Dio imporre un precetto che non fosse stato perfettamente osservato da nessuno, se non vi fosse stata la sua divina Madre, la quale l'osservò perfettamente. Riccardo di san Vittore conferma questo pensiero dicendo: «La madre del nostro Emmanuele fu perfetta nella pratica di ogni virtù. Chi mai adempì come lei quel primo comandamento: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore? L'amore divino fu in lei così ardente che non poté sfiorarla alcun difetto». «L'amore di Cristo, scrive san Bernardo, non solo ferì, ma trapassò l'anima di Maria tanto che non restò alcuna parte senza ferita. Così ella amò con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e fu piena di grazia». Quindi Maria poteva ben dire: «Il mio diletto è per me, e io per lui» (Ct 2,16). «Anche i serafini, dice Riccardo, potevano scendere dal cielo per imparare nel cuore della Vergine il modo di amare Dio». Dio, che è amore (1 Gv 4,8), venne sulla terra ad accendere in tutti la fiamma del suo divino amore, ma non ne infiammò nessun cuore quanto quello di sua Madre che, essendo libero dagli affetti terreni, era interamente disposto ad ardere di questo fuoco. Così san Girolamo scrive: «L'amore di Dio aveva acceso talmente Maria, che niente al mondo poteva alterare il suo sentimento, ma c'erano in lei un ardore continuo e l'ebbrezza di un amore senza limiti». Il cuore di Maria divenne dunque tutto fuoco e fiamme, come si legge nel Cantico dei Cantici: «Le sue fiaccole sono fiaccole di fuoco e di fiamme» (Ct 8,6 Vulg.). Sant'Anselmo spiega: fuoco, ardendo interiormente per amore; fiamme, risplendendo di fuori con l'esercizio delle virtù. Dunque, quando Maria portava Gesù tra le braccia, si poteva dire che era «fuoco che porta il fuoco» ben a maggior diritto di quanto diceva Ippocrate, in un altro senso, a proposito di una donna che portava in mano il fuoco. Sant'Ildefonso dice: «Lo Spirito Santo infiammò interamente Maria, come fa il fuoco con il ferro; di modo che in lei si vedeva solo la fiamma dello Spirito Santo e si sentiva solo il fuoco dell'amore divino». Secondo san Tommaso da Villanova, il roveto che Mosè vide ardere senza consumarsi era già il simbolo del cuore della Vergine. Perciò con ragione, dice san Bernardo, Maria fu veduta da san Giovanni vestita di sole: «Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12,1), perché ella penetrò nell'abisso della divina sapienza al di là di quanto si possa immaginare ed è immersa in quella luce inaccessibile per quanto è possibile a una creatura. San Bonaventura afferma che la santa Vergine non fu mai tentata dall'inferno, perché «come un grande fuoco fa fuggire le mosche, così dal suo cuore ardente di amore venivano scacciati i demoni che non ardivano avvicinarsi a lei». Riccardo di san Vittore dice ugualmente: «La Vergine fu terribile verso i principi delle tenebre, che non osarono avvicinarsi a tentarla, perché li spaventava la fiamma dell'amore». Maria stessa rivelò a santa Brigida che in questo mondo non ebbe altro pensiero, altro desiderio, altro gaudio che Dio. Dato che sulla terra la sua anima benedetta stava quasi sempre a contemplare Dio, gli atti d'amore che faceva erano innumerevoli, come scrive il padre Suarez. Ma preferisco dire, con Bernardino da Busto, che Maria, invece di ripetere gli atti d'amore, come fanno gli altri santi, per singolare privilegio, amava sempre attualmente Dio con un atto continuo. Come l'aquila reale, teneva sempre gli occhi fissi sul sole divino, «in maniera tale, dice san Pier Damiani, che né le azioni impedivano la contemplazione, né la contemplazione le impediva di svolgere le sue attività». Sicché, dice san Germano, fu figura di Maria l'altare propiziatorio, in cui non si spegneva mai il fuoco, né di giorno né di notte. Neppure il sonno impediva a Maria di amare il suo Dio. Se tale privilegio fu concesso ai nostri progenitori nello stato d'innocenza, come afferma sant'Agostino, dicendo che allora «erano ugualmente felici i loro sogni mentre dormivano e la vita quando erano svegli», quello stesso privilegio non deve essere certamente negato alla divina Madre. Glielo accordano il Suarez, l'abate Ruperto, san Bernardino da Siena e sant'Ambrogio il quale, parlando di Maria, lasciò scritto: «Mentre riposava il corpo, vegliava l'animo». In lei si realizzava ciò che disse il Saggio: «Non si spegne di notte la sua lampada» (Prv 31,18). Sì, dice san Bernardino, mentre il suo santo corpo in un leggero sonno prendeva il necessario riposo, «la sua anima liberamente tendeva verso Dio. Perciò allora la sua contemplazione era più perfetta di quanto mai poté essere quella di qualunque persona sveglia». «Io dormo, ma il mio cuore veglia», poteva ella dire con la sposa del Cantico dei Cantici (Ct 5,2). «Ugualmente felice sia quando dormiva che quando vegliava», dice il Suarez. Insomma, afferma san Bernardino, su questa terra «la mente della Vergine era continuamente immersa nell'ardore del suo amore». Inoltre ella non fece mai se non quello che seppe essere gradito a Dio e tanto amò Dio quanto stimò di doverlo amare. Di modo che, dice il beato Alberto Magno, «crediamo anche, salvo diverso parere, che nel concepire il Figlio di Dio la beata Vergine abbia ricevuto tanta carità quanta una semplice creatura poteva ricevere in questa vita». San Tommaso da Villanova aggiunge che con la sua ardente carità la Vergine divenne così bella agli occhi del suo Dio che egli, preso dal suo amore, discese nel seno di lei a farsi uomo. E san Bernardino esclama: «O virtù della Vergine Madre! Una fanciulla ha ferito e rapito il cuore di Dio!». Ma poiché Maria ama tanto il suo Dio, certamente non richiede nessun'altra cosa dai suoi devoti, quanto che amino Dio come meglio possono. Così appunto disse alla beata Angela da Foligno un giorno in cui essa si era comunicata: «Angela, sii benedetta dal Figlio mio. Tu cerca di amarlo quanto puoi». A santa Brigida la beata Vergine disse: «Figlia, se vuoi legarmi a te, ama il Figlio mio». Maria non desidera nulla più che di vedere amato il suo diletto, che è Dio. Il Novarino si domanda perché la santa Vergine con la sposa del Cantico dei Cantici pregava gli angeli di dire al suo Signore il grande amore che gli portava: «Vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto, ditegli che languisco d'amore» (Ct 5,8). Dio non sapeva già forse quanto ella lo amava? «Perché chiede di mostrare all'amato la ferita che egli stesso ha fatto?». E il Novarino risponde che la divina Madre volle far conoscere il suo amore non a Dio, ma a noi altri, affinché come lei era ferita, potesse ferire anche noi di amore divino. «Poiché fu ardente d'amore per Dio, dice san Bonaventura, Maria infiamma e rende simili a sé tutti coloro che la amano e l'avvicinano». Perciò santa Caterina da Siena la chiamava «Portatrice del fuoco» dell'amore divino. Se vogliamo dunque ardere anche noi di questa santa fiamma, cerchiamo sempre di accostarci alla nostra Madre con le preghiere e con gli affetti. Maria, Regina dell'amore, la più amabile, la più amata e la più amante di tutte le creature - come ti diceva san Francesco di Sales - Madre mia, tu ardesti sempre d'amore verso Dio. Degnati di donarmene almeno una scintilla. Tu pregasti tuo Figlio per quegli sposi cui mancava il vino: «Non hanno vino» (Gv 2,3); e non pregherai per noi ai quali manca l'amore verso Dio, che siamo tanto obbligati ad amare? Di' pure: «Non hanno amore» e ottienici questo amore. Non ti chiediamo altra grazia che questa. Madre, per l'amore che porti a Gesù, esaudiscici, prega per noi. Amen. LA CARITÀ DI MARIA VERSO IL PROSSIMO L'amore verso Dio e verso il prossimo ci è imposto nello stesso precetto: «Noi abbiamo da Dio questo comandamento: chi ama Dio ami anche il proprio fratello» (1 Gv 4,21). La ragione, scrive san Tommaso, è che chi ama Dio ama tutte le cose amate da Dio. Santa Caterina da Genova diceva un giorno a Dio: «Signore, tu vuoi che io ami il prossimo, ma io non posso amare che te». Dio le rispose: «Chi ama me, ama tutte le cose amate da me». Ma poiché non vi è stato né vi sarà chi più di Maria amasse Dio, così non vi è stato né vi sarà chi più di Maria abbia amato il prossimo. «Una lettiga si è fatta il re Salomone... il centro è un ricamo d'amore delle fanciulle di Gerusalemme» (Ct 3,9). A proposito di questo passo il padre Cornelio a Lapide dice che questa lettiga fu il seno della beata Vergine in cui il Verbo Incarnato venne ad abitare e riempì la sua santa Madre di un'immensa carità, affinché ella aiutasse chiunque ricorre a lei. Durante la sua vita Maria fu così piena di carità, che soccorreva i bisognosi senza esserne neppure richiesta. Così fece alle nozze di Cana, quando domandò al Figlio il miracolo del vino, esponendo la pena di quella famiglia: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Come era sollecita la Vergine quando si trattava di aiutare il prossimo! Quando per un compito di carità si recò da Elisabetta, «si mise in viaggio verso la montagna in fretta» (Lc 1,39). Ma la prova più grande di carità, la diede offrendo alla morte suo Figlio per la nostra salvezza. San Bonaventura dice: «Maria ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». E sant'Anselmo esclama: «O benedetta fra le donne, che superi gli angeli nella purezza e i santi nella pietà!». San Bonaventura afferma: «Grande fu la misericordia di Maria verso i miseri mentre era pellegrina su questa terra, ma molto più grande è ora che regna nel cielo, perché vede meglio le miserie degli uomini». L'angelo rivelò a santa Brigida che non vi è nessuno che preghi senza ricevere grazie per la carità della Vergine. Poveri noi, se Maria non pregasse per noi! Gesù stesso disse a santa Brigida: «Senza l'intercessione di mia Madre, non ci sarebbe speranza di misericordia». «Beato l'uomo che mi ascolta, dice la divina Madre, vegliando alle mie porte ogni giorno, custodendone la soglia» (Prv 8,34), e osserva la mia carità per esercitarla verso gli altri a mia imitazione. San Gregorio Nazianzeno afferma che niente ci può conciliare la benevolenza della Vergine quanto la misericordia verso il prossimo. Dio ci esorta: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36). Così anche Maria sembra dire a tutti i suoi figli: «Siate misericordiosi, come è misericordiosa la Madre vostra». È certo che secondo la carità che noi useremo col prossimo, Dio e Maria l'useranno con noi: «Date e vi sarà dato... con la stessa misura con cui misurate, sarà misurato anche a voi» (Lc 6,38). San Metodio diceva: «Dona al povero e riceverai il paradiso». Scrisse l'Apostolo: «La pietà è utile a tutto, avendo la promessa della vita presente e di quella futura» (1 Tm 4,8). «Chi fa la carità al povero presta a Dio» (Prv 19,17). Commentando queste parole, san Giovanni Crisostomo afferma che chi soccorre i bisognosi fa sì che Dio gli diventi debitore. Madre di misericordia, tu sei piena di carità verso tutti; non ti scordare delle mie miserie. Tu le vedi; raccomandami a Dio che non ti nega nulla. Ottienimi la grazia di poterti imitare nella santa carità, sia verso Dio, sia verso il prossimo. Amen. LA FEDE DI MARIA Come la beata Vergine è madre dell'amore e della speranza, così è anche madre della fede. «Io sono la madre del bell'amore, del timore e della scienza e della santa speranza» (Sir 24,24 Vulg.). E con ragione, dice sant'Ireneo, poiché quel danno che Eva fece con la sua incredulità, Maria lo riparò con la sua fede. Eva, conferma Tertulliano, poiché volle credere al serpente preferendolo a quello che aveva detto Dio, apportò la morte. Ma la nostra Regina, col credere, come le aveva detto l'angelo, che sarebbe divenuta Madre del Signore pur restando vergine, apportò al mondo la salvezza. Sant'Agostino dice che, dando il suo consenso all'Incarnazione del Verbo, Maria, per mezzo della sua fede, aprì agli uomini il paradiso. Spiegando questo passo di san Paolo: «Il marito non credente è santificato dalla moglie credente» (1 Cor 7,14), Riccardo di san Lorenzo scrive: «Questa è la donna fedele, per la cui fede è stato salvato Adamo, uomo infedele, e tutta la sua discendenza». A causa della sua fede la Vergine fu proclamata beata da Elisabetta: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (Lc 1,45). Sant'Agostino aggiunge: «Maria fu più beata nell'accogliere la fede di Cristo, che nel concepire la carne di Cristo». Il padre Suarez dice che la santa Vergine ebbe più fede di tutti gli uomini e tutti gli angeli. Vedeva il Figlio suo nella stalla di Betlemme e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da Erode e non cessava di credere che era il re dei re. Lo vide nascere e lo credette eterno. Lo vide povero, bisognoso di cibo e lo credette Signore dell'universo; coricato sul fieno e lo credette onnipotente. Osservò che non parlava e credette che era la Sapienza infinita. Lo sentiva piangere e credeva che era il gaudio del paradiso. Lo vide infine morire vilipeso e crocifisso, ma benché negli altri vacillasse la fede, Maria continuò a credere fermamente che egli era Dio. «Vicino alla croce di Gesù stava sua madre» (Gv 19,25). Meditando su queste parole sant'Antonino scrive: «Maria stava salda nella fede, che conservò incrollabile, nella divinità di Cristo». Per questo, aggiunge il santo, nell'ufficio delle Tenebre si lascia una sola candela accesa. A tale proposito san Leone applica alla Vergine questo passo dei Proverbi: «Non si spegne di notte la sua lampada» (Prv 31,18). Commentando le parole di Isaia: «Da me solo ho spremuto il torchio e delle genti nessun uomo è con me» (Is 63,3), san Tommaso scrive: «Dice: nessun uomo, a causa della Vergine, nella quale non venne mai meno la fede». Il beato Alberto Magno esclama: «Ebbe fede in sommo grado colei che, mentre i discepoli dubitavano, non dubitò». Quindi per la sua grande fede Maria meritò di essere la luce di tutti i fedeli. Così san Metodio la chiama: «La fiaccola dei fedeli» e san Cirillo Alessandrino: «Lo scettro della vera fede». Per merito della fede di lei la santa Chiesa attribuisce alla Vergine la sconfitta di tutte le eresie: «Rallegrati, Vergine Maria, tu sola hai debellato tutte le eresie nel mondo intero». San Tommaso da Villanova, spiegando le parole dello Spirito Santo: «Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa... con un solo sguardo dei tuoi occhi» (Ct 4,9), dice che questi occhi furono la fede di Maria, per cui ella molto piacque a Dio. Sant'Ildefonso ci esorta: «Imitate la fede di Maria». Ma come possiamo imitare questa fede di Maria? La fede è insieme dono e virtù. È dono di Dio in quanto è una luce che Dio infonde nell'anima; è virtù in quanto l'anima la mette in pratica. Perciò la fede ci deve servire da regola non solo per credere, ma anche per agire. Così san Gregorio diceva: «Crede veramente colui che nella sua vita mette in pratica ciò che crede». E sant'Agostino: «Tu dici: credo. Fa' quello che dici: questa è la fede». Questo è l'avere una fede viva, cioè il vivere secondo quel che si crede: «Il mio giusto vive di fede» (Eb 10,38). Così visse la beata Vergine, a differenza di coloro che non vivono secondo quel che credono e la cui fede è morta, come dice san Giacomo: «La fede senza le opere è morta» (Gc 2,26). Diogene andava cercando dappertutto un uomo: «Cerco un uomo». Ma Dio, fra tanti fedeli che vi sono, par che vada cercando un cristiano: «Cerco un cristiano». Pochi sono quelli che ne compiono le opere; la maggior parte ne porta soltanto il nome. A costoro si dovrebbe dire ciò che Alessandro Magno disse a un soldato codardo che si chiamava anch'egli Alessandro: «Cambia nome o cambia comportamento». Ma, diceva il venerabile Giovanni Avila, questi sciagurati dovrebbero essere rinchiusi come pazzi in un carcere poiché, pur credendo che sia preparata un'eternità felice per chi vive bene e un'eternità infelice per chi vive male, vivono tuttavia come se non vi credessero. Quindi sant'Agostino ci esorta a vedere le cose con occhi cristiani, cioè che vedono secondo la fede: «Abbiate occhi cristiani». Dalla mancanza di fede, diceva santa Teresa, nascono tutti i peccati. Perciò preghiamo la santa Vergine affinché per i meriti della sua fede ci ottenga una fede viva: «Signora, aumenta la nostra fede!» (cfr Lc 17,6). LA SPERANZA DI MARIA Dalla fede nasce la speranza. Dio ci illumina con la fede alla conoscenza della sua bontà e delle sue promesse, affinché ci innalziamo con la speranza al desiderio di possederlo. Poiché dunque Maria ebbe la virtù di una fede eminente, ebbe anche la virtù di una speranza eminente, che le faceva dire con Davide: «Il mio bene è stare vicino a Dio, porre nel Signore Dio la mia speranza» (Sal 72,28). Maria fu quella sposa fedele dello Spirito Santo della quale fu detto: «Chi è costei che sale dal deserto, ricolma di delizie, appoggiata al suo diletto?» (Ct 8,5). Sale dal deserto, spiega il cardinale Giovanni Algrino, perché fu sempre distaccata dal mondo, da lei considerato un deserto e perciò, non fidando né nelle creature né nei propri meriti, si appoggiò interamente sulla grazia divina nella quale soltanto confidava, per avanzare sempre nell'amore del suo Dio. La santa Vergine dimostrò quanto fosse grande la sua fiducia in Dio in primo luogo quando si accorse che il suo santo sposo Giuseppe, ignorando il modo della sua prodigiosa gravidanza, era turbato e pensava di lasciarla: «Giuseppe... decise di rimandarla in segreto» (Mt 1,19). Come abbiamo già detto in precedenza, sembrava necessario che Maria gli rivelasse il mistero nascosto. «Ma, dice Cornelio a Lapide, la beata Vergine non volle far conoscere ella stessa la grazia ricevuta e preferì abbandonarsi alla divina provvidenza, confidando che Dio avrebbe difeso la sua innocenza e la sua reputazione». Dimostrò inoltre la fiducia in Dio quando, vicina al parto, si vide esclusa a Betlemme anche dall'albergo dei poveri e ridotta a partorire in una stalla: «Lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo» (Lc 2,7). Non pronunziò allora nessuna parola di lamento ma, tutta abbandonata in Dio, confidò che egli l'avrebbe assistita in quella prova. La divina Madre dimostrò un'altra volta la sua grande fiducia nella divina provvidenza quando, avvisata da san Giuseppe di dover fuggire in Egitto, la stessa notte intraprese un così lungo viaggio verso un paese straniero e sconosciuto, senza provviste, senza denaro, senza altro accompagnamento che quello del suo bambino Gesù e del suo povero sposo: «Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre, nella notte, e partì per l'Egitto» (Mt 2,14). Molto più Maria dimostrò la sua fiducia quando chiese al Figlio la grazia del vino per gli sposi di Cana. Alle sue parole: «Non hanno vino», Gesù aveva risposto: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). Pareva dunque chiaro che la sua domanda fosse respinta. Ma la Vergine, fiduciosa nella bontà divina, disse ai servi: «Fate quello che vi dirà», perché era sicura che il Figlio le avrebbe accordato la grazia. Gesù infatti fece riempire le giare d'acqua e poi la mutò in vino. Impariamo dunque da Maria ad avere piena fiducia, principalmente per quanto riguarda la nostra salvezza eterna, per la quale, benché la nostra cooperazione sia necessaria, tuttavia dobbiamo sperare solo da Dio la grazia per conseguirla, diffidando delle nostre proprie forze e ripetendo con l'apostolo: «Tutto posso in colui che mi dà forza» (Fil 4,13). Mia santa Regina, di te mi dice l'Ecclesiastico che sei la madre della speranza: «Madre... della santa speranza» (Sir 24,24 Vulg.). Di te mi dice la santa Chiesa che sei la speranza stessa: «Salve, speranza nostra». Quale altra speranza vado dunque cercando? Dopo Gesù sei tu tutta la mia speranza. Così ti chiamava san Bernardo, così voglio chiamarti anch'io: «Tutta la ragione della mia speranza». E ti dirò sempre con san Bonaventura: «O salvezza di chi ti invoca, salvami». LA CASTITÀ DI MARIA Dopo il peccato di Adamo, essendosi i sensi ribellati alla ragione, la virtù della castità è per gli uomini la più difficile da praticare. «Tra tutte le lotte, dice sant'Agostino, le più aspre sono le battaglie della castità; il combattimento è quotidiano e la vittoria è rara». Sia sempre lodato il Signore che in Maria ci ha dato un grande modello di questa virtù. «A ragione, esclama il beato Alberto Magno, Maria è chiamata Vergine delle vergini perché, per prima, senza il consiglio e l'esempio di nessuno, offrendo la sua verginità a Dio, gli ha dato poi tutte le vergini che l'hanno imitata». Già Davide aveva predetto: «Le vergini sue compagne sono introdotte... nel palazzo del re» (Sal 44,15-16). Senza consiglio e senza esempio; sì, dice san Bernardo: «O Vergine, chi ti insegnò a piacere a Dio con la verginità e a condurre sulla terra una vita angelica?». «Cristo, risponde Sofronio, si scelse per madre questa Vergine purissima, affinché ella fosse per tutti un esempio di castità». Perciò sant'Ambrogio chiama Maria la vessillifera della verginità. Per questa sua purezza lo Spirito Santo proclama la santa Vergine bella come la tortorella: «Le tue guance sono belle come le guance della tortora» (Ct 1,9 Vulg.). «Tortorella purissima è Maria», commenta Aponio. Perciò fu paragonata anche al giglio: «Come un giglio tra gli spini, così l'amica mia tra le fanciulle» (Ct 2,2). San Dionisio Cartusiano osserva che Maria fu chiamata giglio tra le spine perché «tutte le altre vergini furono spine o per se stesse o per gli altri; ma la beata Vergine né per sé né per gli altri. Infatti col solo farsi vedere infondeva a tutti pensieri e desideri di purezza». San Tommaso conferma: «La bellezza della beata Vergine spingeva alla castità quelli che la guardavano». San Girolamo pensa che san Giuseppe si mantenne vergine in virtù della compagnia di Maria. Contro l'eretico Elvidio, che negava la verginità di Maria, il santo scrive: «Tu dici che Maria non rimase vergine, ma io sostengo che anche Giuseppe fu vergine grazie a Maria». Dice un autore che la beata Vergine amò talmente questa virtù, che per conservarla sarebbe stata pronta a rinunziare anche alla dignità di Madre di Dio. Ciò risulta chiaramente dalle parole che Maria rispose all'arcangelo: «Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?» (Lc 1,34) e dalla sua risposta: «Si faccia di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La Vergine mostrava così che dava il suo consenso perché l'angelo le aveva assicurato che sarebbe divenuta madre soltanto per opera dello Spirito Santo. Sant'Ambrogio dice: «Chi conserva la castità è un angelo, chi la perde è un demonio». Quelli che sono casti diventano angeli, come disse il Signore: «Saranno come angeli di Dio» (Mt 22,30), ma quelli che peccano contro la castità diventano odiosi a Dio, come i demoni. San Remigio diceva che la maggior parte degli adulti si perde per questo vizio. Rara è la vittoria su questo vizio, come abbiamo detto in precedenza con sant'Agostino, perché non si praticano i mezzi per vincere. Tre sono i mezzi, come dicono, con san Roberto Bellarmino, i maestri della vita spirituale: «Il digiuno, la fuga dai pericoli e la preghiera». Per digiuno s'intende la mortificazione, specialmente degli occhi e della gola. Benché fosse piena della grazia divina, Maria mortificava i suoi occhi al punto che li teneva sempre bassi e non li fissava mai su nessuno. Così dicono sant'Epifanio e san Giovanni Damasceno e aggiungono che sin da fanciulla era così modesta che suscitava l'ammirazione di tutti. Perciò san Luca nota che nel recarsi a visitare santa Elisabetta, la Vergine «andò in fretta» per essere meno veduta in pubblico. In quanto poi al cibo, narra Filiberto che ad un eremita chiamato Felice fu rivelato che Maria bambina beveva latte solo una volta al giorno. San Gregorio di Tours attesta che ella digiunò in tutta la sua vita. San Bonaventura afferma: «Maria non avrebbe mai ricevuto tanta grazia se non fosse stata molto moderata nel cibo; infatti non si conciliano la grazia e la gola». Maria insomma praticò la mortificazione in ogni cosa, sicché di lei fu detto: «Le mie mani stillarono mirra» (Ct 5,5). Il secondo mezzo è la fuga dalle occasioni: «Chi evita le insidie sta al sicuro» (Prv 11,15 Vulg.). San Filippo Neri diceva: «Nella guerra dei sensi vincono i poltroni», cioè quelli che fuggono le occasioni. Maria fuggiva il più possibile la vista degli uomini; perciò nella visita a santa Elisabetta, come nota Luca, «si mise in viaggio verso la montagna in fretta». Un autore osserva che la Vergine lasciò la casa di Elisabetta prima che questa partorisse, come si deduce dal Vangelo: «Maria rimase con lei circa tre mesi, poi ritornò a casa sua. Giunse intanto per Elisabetta il tempo di partorire e diede alla luce un figlio» (Lc 1,56-57). Perché non aspettò il parto? Per evitare le conversazioni e le visite che avrebbero avuto luogo in quella casa. Il terzo mezzo è la preghiera. «Sapendo che non avrei potuto osservare la continenza se Dio non me l'avesse concessa... mi rivolsi al Signore e lo pregai» (Sap 8,21 Vulg.). E la Vergine rivelò alla benedettina santa Elisabetta che non ebbe nessuna virtù senza fatica e senza una continua preghiera. San Giovanni Damasceno dice che Maria «è pura e ama la purezza». Perciò non può sopportare gli impuri. Ma a chi ricorre a lei basterà invocare con fiducia il suo nome per essere liberato da questo vizio. Il venerabile Giovanni Avila diceva che molte persone tentate contro la castità hanno vinto grazie all'amore verso Maria immacolata. Maria, purissima colomba, quanti sono nell'inferno per questo vizio! Signora, liberacene; fa' che nelle tentazioni ricorriamo sempre a te e t'invochiamo dicendo: «Maria, Maria, aiutaci». Amen. LA POVERTÀ DI MARIA Il nostro amorevole Redentore, per insegnarci a disprezzare i beni mondani, volle essere povero su questa terra. Dice san Paolo: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Perciò Gesù esortava chiunque volesse essere suo seguace: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai e dallo ai poveri... poi vieni e seguimi!» (Mt 19,21). La sua discepola più perfetta, Maria, seguì mirabilmente il suo esempio. San Pietro Canisio afferma che con l'eredità lasciatale dai suoi genitori la santa Vergine avrebbe potuto vivere agiatamente, ma si accontentò di essere povera conservando per sé un piccola parte dei suoi beni e distribuendo tutto il resto in elemosina al tempio e ai poveri. Molti sostengono che Maria fece anche voto di povertà. Ella stessa rivelò a santa Brigida: «Fin dal principio feci voto in cuor mio di non possedere nulla in questo mondo». I doni ricevuti dai Magi non dovevano essere certamente di poco valore, ma li distribuì tutti ai poveri. Così attesta san Bernardo: «Maria non serbò per sé l'oro offerto dai Magi, che fu considerevole, come si addiceva alla loro dignità regale, ma lo distribuì ai poveri per mezzo di Giuseppe». Che la divina Madre avesse distribuito subito i doni dei Magi, si deduce dal vedere che andando al tempio non offrì l'agnello che era l'offerta dei benestanti prescritta dal Levitico (Lv 12,6), ma, come dice la legge del Signore, un paio di tortore o due giovani colombi (Lc 2,24), offerta dei poveri. Maria stessa disse a santa Brigida: «Tutto quello che potei avere, lo diedi ai poveri, riservando per me un po' di cibo e il vestito». Per amore della povertà non disdegnò di sposarsi con un semplice fabbro, san Giuseppe, e di sostentarsi con le fatiche delle sue mani, filando e cucendo, come attesta san Bonaventura. Parlando di Maria, l'angelo rivelò a santa Brigida: «Considerava le ricchezze terrene come fango». Insomma visse sempre povera e povera morì, poiché morendo non si sa che avesse lasciato altro che due povere vesti a due donne che l'avevano assistita in vita, come riferiscono il Metafraste e Niceforo. «Chi ama le cose non diventerà mai santo», diceva san Filippo Neri. Santa Teresa aggiungeva: «È giusto che chi va dietro a cose perdute si perda anch'egli». Al contrario, diceva la stessa santa, la virtù della povertà è un bene che comprende tutti gli altri beni. «La virtù della povertà, scrive san Bernardo, non consiste solamente nell'essere povero, ma nell'amare la povertà». Perciò Gesù disse: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Beati, perché quelli che non vogliono altro che Dio, in Dio trovano ogni bene e trovano nella povertà il loro paradiso in terra, come lo trovò san Francesco nell'esclamare: «Dio mio e mio tutto». «Amiamo dunque quell'unico bene in cui sono tutti i beni», come esortava sant'Agostino. E preghiamo il Signore con sant'Ignazio: «Dammi soltanto il tuo amore con la tua grazia e sono ricco abbastanza». Quando ci affligge la povertà, consoliamoci sapendo che Gesù e sua Madre sono stati poveri come noi. «O povero, dice san Bonaventura, ti puoi molto consolare pensando alla povertà di Maria e alla povertà di Cristo». Madre mia santissima, avesti ben ragione di dire: «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1,47), perché in questo mondo non ambisti e non amasti altro bene che Dio. Signora, staccami dal mondo e «attraimi dietro a te» (Ct 1,4) per amare quell'Uno che solo merita di essere amato. Amen. L'UBBIDIENZA DI MARIA Per l'amore che portava alla virtù dell'ubbidienza, quando l'arcangelo Gabriele le annunziò la nascita di Gesù, Maria non volle chiamarsi con altro nome che quello di serva: «Ecco la serva del Signore». «Vera ancella, dice san Tommaso da Villanova, che né con le parole, né con le opere, né con il pensiero si oppose mai all'Altissimo, ma spogliandosi di ogni volontà propria visse sempre e in tutto ubbidiente alla divina volontà». Ella stessa dichiarò che Dio si era compiaciuto di questa sua ubbidienza: «Ha guardato l'umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Questa è l'umiltà propria di una serva: essere sempre pronta a ubbidire. Sant'Agostino dice che la divina Madre con la sua ubbidienza rimediò al danno che aveva fatto Eva con la sua disubbidienza: «Come Eva disubbidendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria Vergine ubbidendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». L'ubbidienza di Maria fu molto più perfetta di quella di tutti gli altri santi. Inclini al male per il peccato originale, gli uomini provano difficoltà nel bene operare; ma non così la beata Vergine. San Bernardino scrive: esente dal peccato originale, «Maria non aveva impedimenti nell'ubbidire a Dio, ma fu come una ruota che si muoveva prontamente ad ogni ispirazione dello Spirito Santo». Lo stesso santo aggiunge: «La Vergine tenne sempre gli occhi fissi su ciò che piace a Dio e lo eseguì con fervido consenso». Di lei fu detto: «L'anima mia si è liquefatta, quando il mio diletto ha parlato» (Ct 5,6). Riccardo di san Lorenzo commenta: «L'anima della Vergine era come un metallo liquefatto per un incendio d'amore, pronta a prendere tutte le forme della divina volontà». Maria dimostrò quanto era pronta all'ubbidienza in primo luogo quando per piacere a Dio volle ubbidire anche all'imperatore romano facendo alla volta di Betlemme un viaggio di novanta miglia, in pieno inverno, incinta e povera, tanto che fu costretta a partorire in una stalla. Fu ugualmente pronta quando, avvertita da san Giuseppe, si mise subito in cammino la notte stessa per il lungo e penoso viaggio verso l'Egitto. Perché, si domanda il Silveira, la rivelazione di fuggire in Egitto fu fatta a san Giuseppe e non alla beata Vergine che più doveva sentirne la fatica? E risponde: «Perché non le fosse tolta l'occasione di esercitare un atto di ubbidienza alla quale era prontissima». Ma soprattutto Maria dimostrò la sua eroica ubbidienza quando, per ubbidire alla divina volontà, offrì alla morte il Figlio suo con tanta fermezza che, come dice sant'Ildefonso, sarebbe stata pronta a crocifiggere il Figlio, se fossero mancati i carnefici. Quando la donna del Vangelo esclamò: «Beato il grembo che ti ha portato!», Gesù rispose: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11,27-28). Commentando queste parole, il venerabile Beda scrive che Maria fu più felice per l'ubbidienza alla volontà divina che per essere stata costituita Madre di Dio stesso. Quindi sono molto graditi alla Vergine quelli che amano l'ubbidienza. Una volta ella apparve nella sua cella a un religioso francescano, chiamato Accorso. Ma questi, chiamato ad andare a confessare un infermo, si allontanò come gli ordinava l'ubbidienza. Ritornato, trovò Maria che lo stava aspettando e che lodò molto la sua ubbidienza. Al contrario, la Vergine rimproverò vivamente un altro religioso che, quando suonò la campanella del refettorio, si trattenne a terminare le sue devozioni. Parlando a santa Brigida della sicurezza che vi è nell'ubbidire al padre spirituale, Maria le disse: «L'ubbidienza conduce tutti alla gloria». San Filippo Neri affermava che Dio non chiede conto delle cose fatte per ubbidienza, poiché egli stesso ha detto: «Chi ascolta voi ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me» (Lc 10,16). La Madre di Dio rivelò poi a santa Brigida che per merito della sua ubbidienza ha ottenuto dal Signore che tutti i peccatori che ricorrono a lei pentiti, per quanto gravi siano le loro colpe, saranno perdonati. Regina e madre nostra, prega Gesù per noi, ottenendoci per merito della tua ubbidienza di essere fedeli nell'ubbidire alla sua volontà e agli ordini dei padri spirituali. Amen. LA PAZIENZA DI MARIA Poiché questa terra è luogo di merito, giustamente viene chiamata valle di lacrime. Qui siamo tutti destinati a patire e con la pazienza a salvare le nostre anime nella vita eterna, come disse il Signore: «Con la vostra pazienza salverete le vostre anime» (Lc 21,19). Dio ci diede la Vergine Maria come esempio di tutte le virtù, ma specialmente come esempio di pazienza. San Francesco di Sales osserva che alle nozze di Cana Gesù diede alla santa Vergine quella risposta, con cui mostrava di tenere poco conto delle sue preghiere: «Che ho da fare con te, o donna?», proprio per dare a noi l'esempio della pazienza della sua santa Madre. Ma tutta la vita di Maria fu un esercizio continuo di pazienza. L'angelo rivelò a santa Brigida che la beata Vergine visse sempre tra le pene: «Come la rosa cresce tra le spine, così la santa Vergine crebbe fra le tribolazioni in questo mondo». La compassione delle pene del Redentore bastò a fare di lei una martire della pazienza. Perciò san Bonaventura dice: «Colei che fu crocifissa concepì il crocifisso». Quanto poi ella soffrì durante il viaggio e la permanenza in Egitto, come in tutto il tempo che visse con il Figlio nella bottega di Nazaret, l'abbiamo già considerato. Basta la sua presenza accanto a Gesù moribondo sul Calvario, a far capire quanto costante e sublime fu la sua pazienza: «Vicino alla croce di Gesù stava sua madre» (Gv 19,25). Proprio per merito di questa sua pazienza, dice il beato Alberto Magno, Maria divenne nostra madre che ci partorì alla vita della grazia. Se desideriamo dunque essere figli di Maria, bisogna che cerchiamo d'imitarla nella pazienza. «Che cosa mai, dice san Cipriano, può arricchirci più di meriti in questa vita e di gloria nell'altra, che il soffrire le pene con pazienza?». «Chiuderò la tua via con una siepe di spine», dice il Signore per bocca di Osea (Os 2,8). E san Gregorio aggiunge: «Le vie degli eletti sono cosparse di spine». Come la siepe protegge la vigna, così Dio circonda di tribolazioni i suoi servi, affinché non si attacchino alla terra. San Cipriano conclude dunque che la pazienza ci libera dal peccato e dall'inferno. La pazienza è quella che fa i santi: «Rende l'opera perfetta» (Gc 1,4), facendoci sopportare in pace le croci che ci vengono direttamente da Dio, cioè l'infermità, la povertà, ecc. e quelle che ci vengono dagli uomini: persecuzioni, ingiurie, ecc. San Giovanni vide tutti i santi con le palme - segno del martirio - nelle mani: «Dopo ciò apparve una moltitudine immensa... avevano palme nelle loro mani» (Ap 7,9); il che significa che tutti gli adulti che si salvano devono essere martiri di sangue o di pazienza. Rallegriamoci dunque, esclama san Gregorio, «possiamo essere martiri senza strumenti di martirio, se siamo pazienti»; se soffriremo le pene di questa vita, come dice san Bernardo, «pazientemente, volentieri, gioiosamente». Quanto ci frutterà in cielo ogni pena sofferta per Dio! Perciò l'Apostolo ci incoraggia: «Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (2 Cor 4,17). Belli sono i pensieri di santa Teresa a tale proposito. Diceva: «Chi abbraccia la croce, non la sente». E altrove: «Quando uno è risoluto a patire, è finita la pena». Quando ci sentiamo oppressi dalle croci, ricorriamo a Maria, che la Chiesa chiama «Consolatrice degli afflitti» e san Giovanni Damasceno «Rimedio di tutti i dolori dei cuori». Signora mia dolcissima, tu innocente soffristi con tanta pazienza e io che ho meritato l'inferno rifiuterò di soffrire? Madre mia, questa grazia oggi ti chiedo: non di essere liberato dalle croci, ma di sopportarle con pazienza. Per amore di Gesù ti prego di ottenermi da Dio questa grazia. Da te la spero. LA PREGHIERA DI MARIA Non vi è mai stata su questa terra alcun'anima che come la beata Vergine abbia con tanta perfezione messo in pratica il grande insegnamento del nostro Salvatore: «Bisogna pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1). Da nessun altro, dice san Bonaventura, possiamo meglio prendere esempio ed imparare la necessità che abbiamo di perseverare nella preghiera, quanto da Maria. Il beato Alberto Magno afferma che, dopo Gesù, la divina Madre fu nella virtù dell'orazione la più perfetta di quanti vi sono mai stati e vi saranno. In primo luogo la sua orazione fu continua e perseverante. Sin dal primo istante in cui ebbe la vita e con la vita il perfetto uso della ragione, Maria cominciò a fare orazione. Perciò, per meglio attendere alla preghiera, a tre anni volle rinchiudersi nel ritiro del tempio. Ella stessa disse alla vergine santa Elisabetta: «Mi alzavo sempre a mezzanotte e andavo davanti all'altare del tempio a presentare le mie preghiere al Signore». Inoltre, per meditare sulle sofferenze di Gesù, dice Odilone, «visitava frequentemente i luoghi della nascita, della passione e della sepoltura del Signore». San Dionisio Cartusiano scrive: «Nessun affetto disordinato, nessuna distrazione, nessuna occupazione esteriore distoglieva mai la mente della Vergine dalla sua contemplazione». Per l'amore che portava all'orazione, la beata Vergine amò tanto la solitudine che, come disse a santa Brigida, nel tempio si astenne dal frequentare anche i suoi santi genitori. Riflettendo sulle parole di Isaia: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14), san Girolamo osserva che in ebraico la parola virgo significa propriamente «vergine ritirata» e dunque già dal profeta fu predetto l'amore che Maria avrebbe portato alla solitudine. Riccardo di san Lorenzo afferma che l'angelo le disse: «Il Signore è con te», a causa del suo grande amore per la solitudine. San Vincenzo Ferreri asserisce che la divina Madre «non usciva mai di casa se non per andare al tempio e vi andava tutta raccolta, tenendo sempre gli occhi bassi». Perciò andando a visitare santa Elisabetta, «andò in fretta». Da questo, dice sant'Ambrogio, le giovani devono imparare a schivare il pubblico. San Bernardo afferma che per amore della preghiera e della solitudine Maria «era attenta a fuggire la compagnia e la conversazione degli uomini». Lo Spirito Santo chiama Maria «tortorella»: «Le tue guance sono belle come le guance della tortora» (Ct 1,9 Vulg.). Vergello spiega: «La tortorella è amica della solitudine ed è simbolo della forza unitiva della mente». La Vergine visse sempre solitaria in questo mondo, come in un deserto. Perciò di lei fu detto: «Chi è costei che sale dal deserto, come colonna di fumo?» (Ct 3,6). A proposito di queste parole l'abate Ruperto scrive: «Così salisti dal deserto, avendo un'anima solitaria». Filone diceva che Dio non parla alle anime se non nella solitudine. Dio stesso dichiarò per bocca di Osea: «La condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore» (Os 2,16 Vulg.). E san Girolamo esclamava: «O solitudine, in cui Dio parla e conversa familiarmente con i suoi!». Sì, dice san Bernardo, perché «la solitudine e il silenzio che nella solitudine si gode, costringono l'anima ad uscire con il pensiero dalla terra e a meditare i beni del cielo». Vergine santa, ottienici tu l'amore per la preghiera e la solitudine affinché, distaccandoci dall'amore delle creature, possiamo aspirare soltanto a Dio e al paradiso, in cui speriamo di vederti un giorno, per lodare sempre e amare insieme con te il figlio tuo Gesù nei secoli dei secoli. Amen. «Venite a me, o voi tutti che mi desiderate, saziatevi dei miei frutti» (Sir 24,26 Vulg.). I frutti di Maria sono le sue virtù. «Non hai chi ti precede o chi ti segue. |