L'ASCENSIONE Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare al cielo». (At 1,9-11) Riflessione A capo dello stuolo osannante degli eletti, sua gloriosa conquista, liberati dal Limbo, Gesù fa il suo ingresso trionfale nel cielo. «Padre, glorifica il Figliuol tuo, affinché egli ti glorifichi!» aveva pregato Gesù (Gv 17,1). Ora Egli trasvola oltre tutti i cieli, siede alla destra del Padre, Re dei tempi e Giudice delle anime, Mediatore unico, sorgente di benedizione, di vita, di grazia. È l'ora del trionfo di Gesù. Dopo aver compiuto con suprema fedeltà la volontà del Padre, dopo esser disceso negli abissi insondabili del dolore e dell'obbrobrio, riscattando il mondo, sgominando le potenze dell'inferno, la sua Umanità santissima è chiamata al premio, a gustare gli splendori, la beatitudine e la potenza di una eterna esaltazione. Maria esulta, pur nella tristezza del distacco. Oltre il velo di nubi che ha rapito ai suoi occhi mortali Gesù, l'anima estatica contempla, al di sopra di tutte le schiere angeliche, il Re della gloria che prende possesso del suo regno. Anche noi dobbiamo esultare nel trionfo di Gesù: «Se voi mi amate, vi rallegrerete che io vada al Padre» (Gv 14,28). Quanti amano Gesù, provano una gioia profonda ed intensa contemplando il mistero della sua Ascensione, nel ringraziare il Padre di avergli dato una tale gloria. Rallegriamoci, perché il trionfo di Gesù è pure nostro. La gloria del Capo legittima la speranza delle membra: il Capo è Gesù e le membra siamo noi. Anche per noi è serbata l'apoteosi del premio. Questa gioiosa speranza ci darà sempre nuovo slancio a camminare per la via dei comandamenti del Signore, senza fermarci alle piccole gioie, alle cose caduche di quaggiù. Serbiamo il nostro cuore libero da attaccamenti terreni; serbiamo una incrollabile fiducia, guardando al cielo. Lassù è il nostro destino, la nostra patria. Gesù è andato a prepararci il posto. Egli non vuole essere solo nel suo trionfo: «Padre, io voglio che dove sono io sian pure con me quelli che mi affidasti...» (Gv 17,24). |