Gesù sacerdote e vittima Come sarebbe stato bello vedere il nostro dolce Redentore il giorno in cui, stanco del cammino, sedeva sereno e affettuoso presso il pozzo, in attesa della Samaritana per convertirla e salvarla: «Gesù, stanco di camminare, si fermò presso il pozzo» (Gv 4,6). Ebbene, la stessa cosa sembra che si verifichi ora che Gesù, disceso dal cielo sui nostri altari, come presso una sorgente di grazie, ci attende e ci invita a fargli compagnia, almeno per un po' di tempo, per attirarci così al suo amore perfetto. Dagli altari, dove è presente nel Sacramento, sembra che parli e dica a tutti: uomini perché fuggite la mia presenza? Perché non venite vicino a me, che vi amo tanto e, per il vostro bene, me ne sto qui umiliato? Che temete? Sto qui, ora, non per giudicare, ma solo per fare del bene e salvare chi ricorre a me in questo Sacramento di amore: «Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo» (Gv 12,47). Dunque come Gesù sta in cielo «sempre vivo a intercedere per noi» (Eb 7,25), così nel Sacramento dell'altare, notte e giorno, compie continuamente l'ufficio di nostro compassionevole avvocato, offrendosi vittima all'eterno Padre per ottenerci misericordia e grazie in abbondanza. Ecco perché il pio Tommaso da Kempis esortava a parlare con Gesù eucaristia senza timore di castighi e senza soggezione, ma come a un amico amato, «come si usa discorrere tra amato e amato, tra amico e amico». Mio re e signore nascosto, giacché dunque me lo consenti, lascia che io ti apra con confidenza il mio cuore e ti dica: o mio Gesù, tanto innamorato delle anime, io so bene il torto che ti fanno gli uomini. Li ami e non sei amato; fai il bene e ricevi disprezzi; li chiami ed essi non ti ascoltano; offri loro grazie, ma essi le rifiutano. Gesù mio, è proprio vero che anch'io mi sia unito un tempo a questi ingrati e ti abbia offeso? Dio mio, purtroppo è vero! Ma ora voglio correggermi e porre rimedio, nei giorni che mi restano, alle offese che ti ho fatto, facendo tutto il possibile per piacerti e darti gusto. Dimmi, Signore, cosa vuoi da me e io lo farò, senza riserve. Fammelo conoscere attraverso la santa obbedienza, e spero di farlo. Ti prometto con impegno di non tralasciare, da oggi in poi, nulla di ciò che è di tuo maggior gradimento, a costo di rimetterci tutto: parenti, amici, stima, salute, e anche la vita. Si perda tutto, ma si dia gusto a te. Felice perdita, quando si perde e si sacrifica tutto al tuo Cuore, o Dio dell'anima mia. Ti amo, o sommo bene, amabile più di ogni altro bene; e, nell'amarti, unisco il mio piccolo cuore a quello dei Serafini; l'unisco al Cuore di Maria, al Cuore di Gesù. Ti amo con tutto me stesso, e solo e sempre te voglio amare. Mio Dio, mio Dio, io sono tuo e tu sei mio. Maria avvocata dei peccatori Dice il beato Amedeo, cistercense, che la nostra beatissima regina Maria sta continuamente alla divina presenza facendo la nostra avvocata e interponendo presso Dio le sue preghiere efficacissime. Poiché - soggiunge - ella vede le nostre miserie e con affetto materno ci compatisce e ci soccorre. Dunque, avvocata mia e mia amorevolissima Madre, tu già conosci, in questo momento, le miserie dell'anima mia, i miei pericoli, e già stai pregando per me. Prega, prega e non smettere mai di pregare finché non mi vedrai salvo, a ringraziarti in paradiso. «Tu, dopo il tuo unigenito Figlio, sei la sicura salvezza dei tuoi fedeli», come dice il devoto Blosio. Questa grazia, dunque, oggi io ti chiedo: concedimi la fortuna di essere tuo schiavo fedele fino alla morte, affinché possa venire a benedirti in cielo, sicuro di non dovermi mai più separare dai tuoi santi piedi per tutta l'eternità. O Maria, madre mia, fa' che io sia sempre tuo. «Chi altri avrò per me in cielo? |