CAPITOLO X

PREGATE, PREGATE, PREGATE

Padre Pio «è come Gesù, l'uomo del colloquio col Padre». «Prego di continuo» — scrive al suo direttore spirituale; si lamenta che il tempo gli sfugge «rapidamente» e non ne ha «mai abbastanza per pregare».

Prega per la brama ardente di possedere, lodare e servire Dio «con perfezione»; e per intercedere per il bene dei fratelli.

Scelto da Gesù quale vittima «per essere aiutato nel grande negozio dell'umana salvezza», oppresso dal peso di tutti, prega incessantemente ed invita ad una continua preghiera: è una esigenza della sua profonda coscienza della Chiesa.

Dalla richiesta di questo aiuto orante nascono i gruppi di preghiera, attività apostolica tanto cara a padre Pio, divorato dall'amore di Dio e dei fratelli.

Mani e cuore a Dio

Padre Pio prega per molti che non solo non amano Dio, ma lo disprezzano, lo ignorano e «si vogliono giustificare nel male a dispetto del sommo bene».

Questo pensiero, che infiamma la sua anima di divina carità, è anche una «febbre» che lo va «lentamente consumando» e darebbe «mille volte la vita se potesse far sì che un'anima sola desse lode di più al Signore».

Per i «poveri peccatori» aggiunge la sua offerta di vittima al Signore.

Un figlio spirituale, ripensando alle origini dei gruppi di preghiera, ricorda con commozione ciò che una volta padre Pio disse: «Se mi fosse possibile, vorrei ottenere dal Signore una cosa soltanto; vorrei, se mi dicesse: "va' in Paradiso", vorrei ottenere questa grazia: "Signore, non lasciatemi andare in Paradiso finché l'ultimo dei miei figli, l'ultima delle persone affidate alla mia cura sacerdotale non sia entrata prima di me"».

È l'ansia del padre suo Francesco d'Assisi: «Tutti in Paradiso». E questo è veramente meraviglioso. È difficile dire qualcosa di più e di meglio. Perché l'essenza del gruppo di preghiera è tutta nell'amore che unisce e perciò padre Pio si raccomanda alla generosità di tante anime, affinché preghino per salvare non solo se stesse ma anche gli altri.

Sotto questo aspetto i gruppi di preghiera, fioriti accanto alla carità verso i corpi, concepiti come vincolo valido per unire le anime buone e come rete per trarre anche le più lontane a salvamento, esistevano molto prima che intorno al 1950, se non di nome certamente di fatto.

Nell'«ora buia» del suo primo anno di pontificato Pio XII esorta — esortazione ripetuta insistentemente negli anni successivi — tutti i fedeli a ricorrere alla preghiera, per tutti suprema forza e più salda speranza.

All'inizio la parola d'ordine del Sommo Pontefice, riservata ai sacerdoti, è: «Pregate, pregate sempre più e con maggior fervore» (24 giugno 1939). Raccomandazione ripetuta il 15 agosto 1950: «Noi diciamo ai sacerdoti: pregate, pregate di più; siate ai vostri fedeli modello dei devoti oranti!».

E padre Pio era veramente per i fedeli sacerdote «modello di devoto orante».

Ma il santo Padre esortava insistentemente non soltanto i sacerdoti, ma tutti a pregare: «le membra sofferenti e doloranti della Chiesa», le «candide legioni dei bimbi», le «famiglie di città e di campagna», i «datori di lavori cattolici e gl'imprenditori», «i giovani...»; a tutti diceva: «sollevate mani e cuore a Dio»; «nessuno può senza la preghiera osservare a lungo la legge di Dio ed evitare la colpa grave; la preghiera è l'arma più forte ed invincibile contro tutti i pericoli e gli assalti del mondo. Pregate, pregate, pregate; la preghiera è la chiave dei tesori di Dio; è l'arma del combattimento e della vittoria in ogni lotta per il bene e contro il male».

Per risanare una umanità che andava dividendosi in due schiere opposte: con Cristo o contro Cristo, Pio XII esortava a formare «una falange di oranti e di penitenti»: uomini in cui la preghiera ed il pensiero di Dio «siano divenuti una seconda natura e il cibo quotidiano dell'anima», buon fermento per rinnovare il mondo nello spirito di Cristo; a preparare forti e serrate «falangi di uomini e di giovani, che tenendosi strettamente uniti a Cristo, almeno ogni mese si nutrano del pane di vita e inducano anche altri a seguire il loro esempio» (17 febbraio 1943); a risvegliare nei fedeli «l'antica e pia costumanza della preghiera comune nella famiglia».

«Nella lotta tra il bene ed il male che tutto dì combatte la Chiesa, essa non può trovare un appoggio sicuro e continuo in coloro che si accostano solo una volta all'anno alla santa Comunione, e vi consigliamo di adunare e formare gruppi di uomini e di giovani che frequentino — almeno mensilmente — la Mensa Eucaristica e vi conducano quanti più possono amici e conoscenti» (13 marzo 1943).

«Ciò di cui la Chiesa ha bisogno urgente, sono fedeli e gruppi di fedeli, di ogni condizione, che, liberi dalla schiavitù del rispetto umano, conformino tutta la loro vita e la loro attività ai comandamenti di Dio e alla legge di Cristo» (8 marzo 1952).

Gruppi di preghiera

Gli accorati e pressanti appelli di Pio XII che esortava pressantemente i sacerdoti a pregare, a risvegliare nei fedeli la preghiera comunitaria ed a preparare forti e serrate falangi di oranti, auspicano logicamente la formazione di gruppi di preghiera, così come padre Pio vide subito: «Gruppi di fedeli — disse — vivranno integralmente ed apertamente la vita cristiana, come desiderio di Sua Santità, se essi saranno prima gruppi di fedeli che pregano insieme».

E dal pensiero passò all'azione: «Diamoci da fare. Rimbocchiamoci le maniche. Rispondiamo noi per primi a questo appello lanciato dal Romano Pontefice».

E nacquero così i gruppi di preghiera.

Fra le tante denominazioni: «falange» di oranti e di penitenti, religiosa «schiera», «gruppi» di uomini e di giovani..., ebbe più fortuna la parola «gruppo».

La fisionomia di tale movimento viene delineata dallo stesso padre Pio in una allocuzione del 5 maggio 1966: «vivai di fede, focolai d'amore nei quali Cristo stesso è presente ogni volta che si riuniscono per la preghiera e l'agape fraterna sotto la guida dei loro pastori e direttori spirituali».

Piccolo seme evangelico, cresciuto ben presto in albero frondoso e carico di frutti: alla vigilia della morte di padre Pio (23 settembre 1968), l'eloquenza dei numeri conferma la realtà: gruppi organizzati ed operanti in una ventina di nazioni, 726; numero totale di aderenti: 68.000.

Dove il segreto della diffusione spontanea dei gruppi di preghiera?

Nell'autorità e bontà di «un invito» dei Sommi Pontefici alla preghiera in comune e alla vita cristiana integrale; nella opportunità e nella forza di «un metodo» e di un incitamento, indicato da padre Pio; riunioni «periodiche» per pregare insieme sotto la direzione di un sacerdote, per ottenere quanto desiderato dai Sommi Pontefici: riforma cristiana personale e riforma cristiana della società.

Inizialmente alle turbe che si affollavano intorno a lui, padre Pio rilanciò il messaggio del Papa: esortazioni brevi, principi semplici di vita soprannaturale, con cui si preparava il terreno per spargere il buon seme; e quando i suoi figli spirituali incominciavano a raccogliersi nelle chiese, spuntavano i gruppi oranti auspicati dal Sommo Pontefice, la preghiera usciva per molti dalla solitudine e diventava preghiera comunitaria.

Non facevano nulla di eccezionale, niente di diverso dagli altri cristiani, si sentivano soltanto più uniti, ascoltavano una Messa, pregando spesso ad alta voce secondo le comuni intenzioni per il rinnovamento dei singoli e della società.

Non regole, non schemi, non orazioni nuove; riunione almeno una volta al mese in una chiesa con il consenso del Vescovo e l'assistenza di un sacerdote.

Chi gli è vissuto vicino per parecchi anni, ci fa sapere che padre Pio era negato a qualsiasi tendenza isolazionistica, che non fosse raccoglimento, lavoro e preghiera e perciò non volle stendere statuti e regolette; e se, per incentivare qualche opera buona ideata da qualche volenteroso, si lasciò carpire qualche firma, lo fece per ribadire le proprie opinioni in materia: secondo lui gli uomini sono chiamati tutti ad essere «buoni cristiani», senza l'orgoglio degl'intruppamenti, dei privilegi e degli esclusionismi: buoni cristiani, contenti di uno schieramento estremamente semplice: quello della bontà contro lo schieramento della cattiveria propria e altrui.

Titolo particolarmente bello

Gesù dicendo ai suoi discepoli: «Se due di voi si mettono sulla terra a domandare qualsiasi cosa, essa sarà loro concessa dal Padre che è nei cieli, perché dovunque due o più persone sono riunite nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20), non fa che accreditare presso di essi la bontà di un gruppo di preghiera.

«Il titolo che vi accomuna intorno all'altare del Signore è quello dei vostri gruppi di preghiera — diceva il card. Lercaro il 12 settembre 1959 al convegno nazionale dei gruppi di preghiera —. E parmi un titolo particolarmente bello che ha la sua legittimazione ed un incoraggiamento fortissimo e consolantissimo in una parola di Nostro Signore. Ha detto Gesù nel santo Vangelo: "Dove saranno due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro e qualunque cosa domanderanno al Padre sarà loro data" (Mt 18,20). Queste parole larghe di Nostro Signore nel santo Vangelo costituiscono la ragione di essere dei vostri Gruppi di Preghiera e danno ad essi, sparsi in tutta Italia, una forza ed un conforto grandissimo».

Nell'agosto del 1950 parte da S. Giovanni Rotondo l'appello ufficiale per la loro costituzione a più vasto raggio, seguito da alcune note chiarificatrici e da generiche direttive.

I gruppi di preghiera, sorti «per meglio rinnovare intorno a noi la vita cristiana (carità verso Dio e carità verso il prossimo)», mediante la preghiera comunitaria, s'impegnano a lavorare, «affinché la vera luce di Cristo si diffonda anche tra coloro che non la conoscono o la vogliono ignorare».

Convengono tra di loro fraternamente «di riunirsi per pregare insieme, almeno una volta al mese, sotto la direzione spirituale di un sacerdote, senz'altro particolare impegno che quello di pregare e invitare altri amici e conoscenti alla preghiera».

Vogliono creare l'ambiente adatto «invitante i cuori e le volontà a rivolgersi liberamente a Dio», con l'esempio di amici che pregano, con la funzione ben curata e la eventuale parola del sacerdote.

Per la direzione dei gruppi è «indispensabile» la direzione di un sacerdote, «perché il desiderio spontaneo di riunirsi a pregare sia esplicato, di fatto, rigorosamente e fedelmente secondo i principi e le norme della santa Chiesa cattolica, alla quale si deve somma riverenza e stretta obbedienza».

Con ciò si intendono evitare «tutte le possibili deviazioni di iniziative personali che, seppure dettate da zelo e buona fede, potrebbero — in qualche modo — falsare la natura e gli scopi dei gruppi di preghiera».

«Come dovere di disciplina di ogni buon cattolico, non si costituiranno gruppi di preghiera senza il permesso del Vescovo o dell'Ordinario di quel territorio».

Nel senso comunemente inteso, i gruppi di preghiera non sono una pia associazione: non hanno presidenti né richiedono iscrizioni ai fedeli che partecipano alla loro attività; non vi sono programmi speciali, ma essi presentano soltanto un metodo adatto alle circostanze spirituali dei fedeli nel mondo per richiamare e condurre anime in chiesa: il gruppo «è in potenza la società che prega e si anima a pregare»; due del gruppo si incaricano di far conoscere agli altri le funzioni e far pervenire loro, a nome e per conto del direttore spirituale, l'incitamento proveniente da San Giovanni Rotondo.

Si denominano «gruppi di padre Pio», perché lui ne è l'«ideatore» ed «il primo ed instancabile sostenitore ed apostolo, additandoli come i mezzi di santificazione e di apostolato sostanzioso, capace di trasformare in cristiana la società presente».

I gruppi di preghiera pregano secondo le intenzioni di padre Pio, «perché tale è il desiderio e la spontanea volontà dei singoli partecipanti che vedono in padre Pio un sacerdote ed un religioso esemplare fedelissimo alla santa madre Chiesa e tutto volto a spendersi per le intenzioni del Sommo Pontefice».

Inoltre uniscono spontaneamente le loro preghiere «alla preghiera e offerte che il Padre — come sacerdote — presenta ogni giorno a Dio nella santa Messa, affinché insieme con tutte le altre preghiere ed offerte che tutti i sacerdoti del mondo raccolgono e presentano a Dio dai loro altari, si possa fare dolce violenza al cuore del Signore per un più grande avvento di bene ai singoli, alla società, alla Chiesa».

Un pacifico esercito, quello dei gruppi di preghiera, posto al servizio della Chiesa, che vuol costituire «una catena, un rosario intorno al mondo, un rosario di preghiere».

Preghiera e vita cristiana

Noi riserviamo alla Chiesa — la Chiesa siamo anche noi (è un fedele che parla), siamo noi e i sacerdoti, siamo noi e i Vescovi — noi riserviamo alla Chiesa soltanto una piccola parte della nostra giornata, e per il resto molte volte ci comportiamo come se la Chiesa non esistesse.

Noi dobbiamo portare la Chiesa in tutti gli istanti della nostra giornata, dobbiamo portarla nel nostro lavoro, dobbiamo portarla nei nostri sani sollievi, dobbiamo portarla nelle nostre case; noi dobbiamo portare Cristo con noi.

Come ottenerlo?

I nostri gruppi di preghiera ce ne offrono il mezzo. La preghiera in comune fatta periodicamente tra amici e conoscenti, offrendo l'incontro con Gesù, dona all'anima di buona volontà la possibilità di possederlo e, possedendolo, di presentarlo attraverso i diversi aspetti della vita personale ai fratelli ed alla società, instaurandolo Re delle anime e Re dell'universo.

«Vivetelo il vostro gruppo di preghiera. Siate lievito! Vivete intorno al vostro Vescovo! Siate veramente apostoli nelle vostre parrocchie. Il gruppo non è un piccolo orto concluso, non è un giardinetto da custodire con gelosia: donate, siate generosi con tutti, nel vostro ambiente, nella vostra famiglia. Il valore che padre Pio ha voluto dare ai gruppi di preghiera è eminentemente un valore spirituale: dilatare l'empito d'amore che parte da padre Pio, che è un sacerdote di Cristo, diffonderlo in tutti gli ambienti che frequentate» (Giovanni Gigliozzi, al convegno di Bologna, 25 aprile 1960).

Nello stesso convegno si faceva notare che il gruppo di preghiera, per la sua fisionomia semplice e slegato da tutto, è tale da poter diventare «la parrocchia che prega».

Può essere un valido aiuto nella vita parrocchiale, perché la sua forza di richiamo dei fedeli di qualsiasi levatura spirituale in chiesa «sembra superiore a quella di qualsiasi altro mezzo».

L'esperienza dimostra come il gruppo di preghiera conduce fedeli «refrattari a qualsiasi altro richiamo» facendoli divenire, a mano a mano, assidui e zelanti fino alla partecipazione spontanea alla confessione e comunione mensile.

Il gruppo di preghiera ben ordinato diviene spontaneamente «il vivaio di tutte le associazioni parrocchiali, nonché la fonte di immissione nella vita dell'associazione di quegli elementi che altrimenti non vi sarebbero, mai, arrivati a far parte».

Nel loro lavoro di apostolato le associazioni cattoliche trovano nei gruppi di preghiera «un valido aiuto a sviluppare la buona semente», deposta in seno ai fratelli, avvicinati con fini di apostolato, indirizzandoli alla funzione del gruppo, in una riunione che, «slegata da ogni fisionomia particolare, è ben vista ed apprezzata».

Ed il coro dei sacerdoti in cura d'anime è concorde, l'imbarazzo è soltanto nella scelta delle testimonianze: i gruppi di preghiera sono «lievito di vita parrocchiale», perché per mezzo loro «si vede ogni giorno più il trionfo della grazia divina e il frutto della carità vicendevole» con una «costante perseveranza per quanto riguarda la loro partecipazione alle funzioni religiose», rispondendo «con entusiasmo e puntualità ad ogni iniziativa quando si può fare qualche opera buona in più», sostenuti da un «proficuo spirito di preghiera» e da una fraterna amicizia: «si amano molto».

Fra i tanti frutti prodotti dai gruppi di preghiera vi è anche quello della famiglia esemplare da cui sboccia la vocazione sacerdotale, come vuole il Concilio Vaticano II, che esorta tutto il popolo cristiano a sentirsi responsabile sulla necessità di favorire le vocazioni sacerdotali, in modo particolare le famiglie che, se animate da spirito di fede, di carità e di pietà, costituiscono come «il primo seminario»: «si è parlato e pregato per le vocazioni. Anche da noi quattro giovani sono entrati in seminario»; «alcuni ragazzi edificati dall'esemplare comportamento cristiano, dei loro genitori facenti parte del gruppo di preghiera, hanno sentito la vocazione al sacerdozio. Deo gratias!... ».

Di fronte a questa «gente di preghiera operante nel contesto dell'animazione cristiana» per l'avvento di un mondo migliore, tanto auspicato da Pio XII, si può ben credere come «egli guardasse ai gruppi di preghiera con segreta speranza» e fosse al corrente del movimento, considerato risposta semplice e sincera al suo ripetuto appello alla preghiera comunitaria.

Ed è comprensibile che nel luglio del 1968 arrivasse una nomina che «in certo senso» equivaleva ad un riconoscimento ed all'approvazione ufficiale da parte della Chiesa del movimento, che non ha avuto sempre vita facile, fondato da padre Pio: la Sacra Congregazione dei Religiosi e degli Istituti Secolari il 31 luglio 1968 affidava il coordinamento dei «Gruppi di Preghiera» e le loro iniziative al padre superiore della fraternità di S. Giovanni Rotondo.

Un altro attestato di benevolenza ai gruppi di preghiera, recatisi a Roma il 24 settembre 1975 per mostrare al successore di Pietro la loro coscienza ecclesiale, veniva da Paolo VI, quando richiamava l'esempio di padre Pio «che ha generato una tanto numerosa schiera di persone che pregano e danno testimonianza di comunione nella carità» (Radio Vaticana, 25 settembre 1975): «E altro pellegrinaggio, questa volta in grande numero. Le statistiche parlano di qui presenti ventimila, ventimila! partecipanti al convegno internazionale dei gruppi di preghiera, della Casa del Sollievo — eccolo — dell'Opera di padre Pio da Pietrelcina. Il quale, tra le tante cose grandi e buone che ha compiuto, ha, diciamo, generato questa schiera, questo fiume di persone che pregano e, che, nel suo esempio e nella speranza del suo aiuto spirituale, si dedicano alla vita cristiana e danno testimonianza di comunione nella preghiera, nella carità, nella povertà di spirito e nella energia della professione cristiana. Benediciamo tutti i buoni gruppi di preghiera presenti, materialmente e spiritualmente» (24 sett. 1975).

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Credere perdutamente all'amore che il sommo Creatore ha per noi ed ardere in questo amore è l'essenza della preghiera cristiana: «Se potessi volare, vorrei parlare forte — esplode padre Pio — a tutti vorrei gridare con quanta voce terrei in gola: amate Gesù che è degno di amore».

E perché molti fratelli d'esilio ripagano con ingratitudine i «pegni» amorosi del Signore, «quasi non si fidino più» di lui, negandogli «sgarbatamente» il tributo del loro amore, padre Pio ci dà l'esempio di capire quanto sia grande ed urgente la missione di intercedere e riparare.

Immettendoci anche noi in questo «fiume di persone che pregano», troveremo la forza di far diventare la nostra vita una vera testimonianza cristiana, portando fuori della chiesa la carità, col trasformare tutti i nostri ambienti «in una chiesa, in una "Casa Sollievo della Sofferenza", cioè in una Casa della carità».

Se tutto sarà chiesa, se tutto sarà carità «se tutto — prima — sarà preghiera», questo fiume umano traccerà «una delle pagine più belle, forse la più bella, dopo quella primavera del Duecento, nella storia di san Francesco e della sua opera».