CAPITOLO IV

ALL'OMBRA DI SAN FRANCESCO

La grazia che padre Pio chiede a Gesù: di farlo «almeno» morire dove egli con tanta bontà lo chiamò, dopo un anno di «dolce speranza», attraverso avvenimenti preparati con studiato piano di accerchiamento, è concessa.

Sempre per motivi di salute, tornato all'ombra di san Francesco, in cerca di aria di montagna che lo solleva alquanto, dalla pianura passa alla collina, dove la Provvidenza lo pianta e non lo fa sradicare da nessun evento umano.

Fatelo confessare

Durante il servizio militare, dopo la prima licenza del dicembre 1915, i padri Agostino e Benedetto partecipano alla gioia di padre Pio e ringraziano Iddio per averlo salvato, almeno temporaneamente, «dalla Babilonia» e tornano ad insistere che il suo posto è il convento.

Dopo parecchi tentativi, finalmente un giovedì di febbraio, il giorno 17 dell'anno 1916, padre Pio assieme a padre Agostino giunge a Foggia e resta sette mesi circa nel convento di sant'Anna.

Recatosi soltanto per assistere l'anima della nobil donna Raffaelina Cerase, padre Benedetto che l'aspettava, gl'ingiunge di restare «vivo o morto» in convento e padre Pio non si mosse.

Era questa santa donna, che già padre Pio dirigeva per corrispondenza epistolare e che volò al cielo il 25 marzo 1916 assistita fino all'ultimo dal suo «caro», «buono», «santo» consigliere, che insisteva presso padre Agostino a farlo tornare in convento, perché avrebbe fatto tanto bene alle anime: «Fatelo tornare e fatelo confessare, che farà molto bene!... ».

E vide giusto: padre Pio con la confessione avrebbe salvato tante anime, iniziando una nuova feconda tappa della sua attività ministeriale.

Una «turba di anime assetate di Gesù mi si piomba addosso — scriveva padre Pio quand'era a Foggia —. Mi sento rallegrato nel Signore, perché vedo che le file delle anime elette si vanno sempre più ingrossando e Gesù più amato».

Assieme a padre Pio arriva nel convento anche il nemico del bene il diavolo, ma un diavolo all'antica perché troppo fracassone, buono per quei tempi; oggi, anch'esso aggiornato, è diventato talmente silenzioso da far quasi credere che non esista più, per poter così lavorare, indisturbato, alacremente in mezzo ai figli degli uomini.

Testimoni di tali manifestazioni diaboliche, vittima padre Pio ma sempre vincitore, la fraternità e gli ospiti, compreso un vescovo e suo domestico.

Il padre guardiano del convento di sant'Anna nel suo manoscritto parla anche di «risposte in lontananza», di «visioni» e di «Messe lunghe» di padre Pio.

Vieni a S. Giovanni Rotondo

Il 14 maggio 1914 padre Pio, rispondendo al padre provinciale esortava alla preghiera, perché «le cose — scriveva — si vanno piuttosto ingarbugliando e se lui (il Signore) non vi pone rimedio l'affare andrà malissimo».

Parlava della guerra che sarebbe scoppiata, di cui «la più innocente vittima» fu Pio X, «anima veramente nobile».

Anche lui chiamato alle armi, sempre disposto alla volontà divina, si appresta ad affrontare quest'altra prova, pregando il Signore che il suo spirito «non abbia di nulla a lamentarsi ed il nemico nostro di nulla a gloriarsi».

Mentre dimorava a sant'Anna, si sentiva soffocare dal grande caldo della pianura e per questo fu invitato a passare alcuni giorni a S. Giovanni Rotondo.

Trovatone giovamento, il padre provinciale volentieri lo trasferisce in questo «convento di desolazione», come lo definisce un cappuccino ivi residente nel 1915; lontano dal paese, «raramente in chiesa vengono persone, profondo silenzio mi circonda, solo ascolto di tanto in tanto il suono del campanaccio appeso al collo di qualche capra o di qualche pecora, che i pastori accompagnano a pascolare sulla montagna che sorge dietro al convento».

Convento di desolazione per gli altri, monte della Verna per padre Pio.

Il primo manipolo

La solitudine del convento spariva a mano a mano che anime assetate di Dio scoprivano nel nuovo arrivato un richiamo potente del divino.

Si sviluppava quel seme che padre Pio aveva iniziato a coltivare sin dalla permanenza a Pietrelcina ed a Foggia, ma in una forma più specifica ed organica, anche se forma e metodo nel corso dei suoi lunghi anni di direzione spirituale, per circostanze interne ed esterne pubbliche personali e numeriche, non si son potuti conservare identici, pur applicando sin all'ultimo le linee fondamentali primordiali.

Metodo direzionale non trascendentale ma semplice e tradizionale, nutrito di praticità e sviluppato con esperienza; principi elementari di vita cristiana, suggeriti ed inculcati secondo i bisogni e le capacità di ciascun'anima; e sempre e dovunque buon esempio che trascinava alla conquista della virtù, aiutate molto generosamente dalla preghiera e dal sacrificio del direttore spirituale: «Tu saresti finita in manicomio. Vedrai nel giorno del giudizio quello che ho fatto per te». Così padre Pio ad una scrupolosa, guarita con infinita pazienza.

Iniziò con delle conferenze in comune, spiegando i principali mezzi di perfezione cristiana ed alla fine sciolse le adunanze generali e disse: «Il materiale è pronto, ora incominciate a costruire».

Insisteva molto sulla meditazione quotidiana e la lettura spirituale, spiegandone l'efficacia, la necessità, suggerendo i temi ed insegnandone il metodo.

Le anime sante meditano spesso e bene, non fanno che raccomandare l'orazione mentale; e per il cristiano «ogni verità di nostra santa religione — scrive padre Pio — può e deve essere oggetto di meditazione». Però l'anima «abitualmente» si ferma sulla vita, passione, morte e risurrezione di Gesù signor nostro, tema più appropriato, soave, delizioso e proficuo che si possa scegliere: contemplare spesso Gesù è riempire l'anima nostra di lui. Conoscendo il suo modo di agire, modelleremo le nostre azioni sulle sue azioni.

Un altro mezzo per vivere in grazia e raggiungere la perfezione cristiana: la lettura spirituale. Lo scopo di tutta la vita spirituale è la imitazione di Cristo, ma per seguirlo bisogna conoscerlo: la lettura della Sacra Scrittura e degli altri libri santi e devoti ci fa «cercare» Dio, ci stimola a «rigettare tutti i pensieri malvagi».

I libri spirituali sono come uno specchio che Dio ci pone davanti: «mirandoci in essi ci correggiamo dei nostri errori e ci adorniamo di ogni virtù».

Inculcava l'obbedienza, fin dai primi giorni che l'anima si affidava alla sua direzione.

Esortava alla frequenza della confessione e comunione. Una sera «papà mi domandò: "Ogni quanti giorni ti confessi?". "Ogni settimana" —, è la testimonianza di una figlia spirituale —. "Eh!... così spesso? e che cosa dici al padre?". "Dico i peccati!". "Ma che peccati fai tu? Io ti ho sempre davanti e vedo che peccati non ne fai". Appena vidi il padre, gli riferii il colloquio avuto con papà. Il padre mi portò un paragone ad hoc che mi servì di esempio per tutti quelli che non vogliono confessarsi, perché dicono che non hanno peccati. Il padre, dunque, mi disse: "Dirai a papà che una stanza ben pulita e anche non praticata, se ci ritorni dopo otto giorni, vedrai che c'è la polvere e ha bisogno di essere rispolverata"».

Dosava con discrezione e discernimento la mortificazione corporale e spirituale, come l'agricoltore che ha cure diverse per le diverse piante: a chi poteva sopportare le penitenze corporali, gliele suggeriva: «per riparare — diceva — i propri e gli altrui peccati, per aiutare Gesù nella salvezza delle anime»; a chi, invece, non credeva opportuno, gliela sconsigliava: «Quando era quaresima domandavo per fare il digiuno e lui mi rispondeva: "Figlia mia, non ti reggi in piedi, che digiuno puoi fare?"».

A mano a mano che le anime progredivano nella virtù, ci pensava lui stesso «a sgretolare le macerie». Nel seguire padre Pio — confessa candidamente una sua figlia spirituale — «si soffriva fortemente».

Accanto ai punti cardini, suggeriva anche devozioni particolari ed aveva una predilezione per la purezza.

La sua direzione abbracciava tutta la vita con le sue molteplici attività: «Entrava in tutte le azioni della nostra giornata, in tutta la vita della nostra famiglia, per poterla indirizzare secondo le leggi cristiane morali e civili. Ognuna di noi doveva essere come un faro della famiglia; in tal modo tutta la famiglia finiva con indirizzarsi verso il padre e riceverne le direttive».

Ricordava che il Signore ci ha chiamati non solo per la nostra santificazione, ma anche per la salvezza del prossimo; il suo intento era di formare «poche anime e bene, le quali a lor volta saranno semenza per altre anime».

Il bene spirituale del prossimo non fa trascurare il bene dell'anima propria e l'itinerario di padre Pio verso Dio è un continuo crescendo, anche se la sua vita intima è tale da non comprenderla neppure lui stesso e crede sia «meglio uno stretto silenzio che un mal parlare».

* * *

Direzione spirituale che si svolge nell'alveo della dottrina classica, sempre valida ed efficace per tutti i tempi, compresa l'esortazione alla confessione frequente, oggi non da tutti insegnata, praticata e ritenuta utile, ma la Chiesa — anche oggi — dà ragione a padre Pio.

Nel «Rito della penitenza» (1974): «coloro che commettono peccati veniali, e fanno così la quotidiana esperienza della loro debolezza, con la ripetuta celebrazione della penitenza riprendono forza e vigore per proseguire il cammino verso la piena libertà dei figli di Dio (...). Anche per i peccati veniali è molto utile il ricorso assiduo e frequente a questo sacramento» (Premesse, n. 7).

La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (16 giugno 1972), dettando le «Norme pastorali circa l'assoluzione sacramentale generale», al n. 12 ha: «per quanto riguarda la pratica della confessione frequente o "di devozione", i sacerdoti non si permettano di dissuaderne i fedeli. Al contrario facciano rilevare i frutti abbondanti che essa apporta alla vita cristiana, e si dimostrino sempre pronti ad ascoltarla, ogni qualvolta i fedeli ragionevolmente ne fanno richiesta. Bisogna assolutamente evitare che la confessione individuale sia riservata ai soli peccati gravi; ciò, infatti priverebbe i fedeli dell'ottimo frutto della confessione».