CAPITOLO VI

UN TRASFERIMENTO MAI ESEGUITO

Padre Pio, che «non parlava mai di se stesso», neppure in «questa circostanza così solenne della sua vita» mutò comportamento, anzi occultava come poteva «il dono di Dio».

I superiori usavano diligenza a non permettere che le «cose divine» fossero portate in piazza, ma la notizia si spandeva a macchia d'olio e si divulgava rapidamente.

La folla cresceva sempre più!

Aveva inizio quel vasto movimento di folle che avrebbero assediato il convento e gli avrebbero tolta la pace fino allora goduta.

Da ogni parte del mondo giungono domande di preghiere, spesso ringraziamento di grazie ottenute; dalle più lontane regioni giungono visitatori, guidati non da malsana curiosità ma da vero spirito di devozione.

Nella buona stagione vi sono migliaia di comunioni al giorno e padre Pio confessa a volte fino a 16 ore al giorno; «ritorni alle pratiche religiose, conversioni alla fede. E tutto questo costituisce per me — testimonianza del padre provinciale del tempo — il vero prodigio ed attesta che il Signore ha voluto rivelare questo suo Eletto per il bene delle anime e per la gloria del suo nome».

«Non ho un minuto libero — scrive lo stesso padre Pio in una lettera del 3 giugno 1919 — tutto il tempo è speso nel prosciogliere i fratelli dai lacci di satana. Benedetto sia Dio (...). Qui vengono persone innumerevoli di qualunque classe e di entrambi i sessi, per solo scopo di confessarsi e da questo solo scopo vengo richiesto. Vi sono delle splendide conversioni».

Padre Pio ha veramente il dono di sollevare, fortificare, illuminare ed orientare le anime che il Signore gli manda.

«Oh voglia il Signore conservare a lungo quest'angelo in carne, a bene delle anime, a confusione degli empi!» — esclama il vescovo di Melfi e Rapolla (14 settembre 1919), che impresse «caldi baci» su quelle «bocche troppo eloquenti»: le stimmate.

Cauti, ma non increduli

Ma non tutti la pensano e giudicano allo stesso modo. Durante il periodo di cui ci stiamo occupando — anno 1918 e seguenti — accuse, per usare una voce morbida, anche le più «banali» contro i frati e padre Pio se ne sfornano alacremente, ma un papa — Benedetto XV — che giudica padre Pio «un uomo veramente straordinario, che Dio manda di tanto in tanto sulla terra per convertire gli uomini», ben informato dai suoi inviati speciali e fidatissimi, ammonisce che «è bene andar cauti, ma è male mostrarsi tanto increduli».

Benedetto XV morì improvvisamente il 22 gennaio 1922.

Il 2 giugno 1922 il Santo Uffizio, «presi in esame i fatti avvenuti» nella persona di padre Pio, emana delle disposizioni, tra le quali: per nessun motivo mostri le così dette stimmate e ne parli o le faccia baciare: deve avere un altro direttore spirituale diverso dal padre Benedetto da S. Marco in Lamis, col quale dovrà interrompere ogni comunicazione anche epistolare; sarebbe necessario che il padre Pio fosse allontanato da S. Giovanni Rotondo e collocato in altro luogo fuori della sua provincia religiosa; infine da parte di padre Pio o di altri per lui, non si risponda più a quelle lettere che gli verranno indirizzate da persone devote per consigli, per grazie o per altri motivi.

Padre Pio chinò il capo ed obbedì e lo stesso fece padre Benedetto.

«Vengo con lei, quando e dove vuole»

Il Santo Uffizio, di fronte al crecente movimento di massa, continua a vigilare con occhio attento il fenomeno e il 31 maggio 1923, «premessa una inchiesta sui fatti che vengono attribuiti a padre Pio da Pietrelcina (...), dichiara di non constare da tale inchiesta della soprannaturalità di quei fatti, ed esorta i fedeli a conformarsi nel loro modo di agire a questa dichiarazione».

Padre Pio si chiude in un grande silenzio ed in perfetta obbedienza accoglie la decisione, però non tutti seguono il suo esempio.

Anche dopo i ripetuti interventi del Santo Uffizio, l'entusiasmo di molti continua ed allora si insiste di eseguire il già emanato ordine di allontanamento di padre Pio da S. Giovanni Rotondo.

Non era facile: il popolo si organizzava, si agitava, minacciava, e non invano. Il convento era sorvegliato di giorno e di notte.

Chi desiderava e comandava un «trasloco subito», non si illudeva di dare un ordine facile e perciò ingiungeva «almeno di preparare la cosa in modo da trovarsi quanto prima in grado di compierla».

Venuto a conoscenza del trasferimento, padre Pio: «Eccomi a sua disposizione — risponde al superiore —; partiamo subito; quando sono con il superiore sono con Dio». Allora soggiunsi: «Ma verresti subito con me? È notte inoltrata, dove andiamo?». «Non lo so. Vengo con lei, quando e dove vuole vostra paternità».

Era mezzanotte. Dominando l'emozione, il superiore spiegò che l'obbedienza sarebbe stata esecutiva dopo ulteriori ordini ricevuti da Roma.

Questo nella prima quindicina di agosto. Il 27 agosto 1923, in una lettera ribadisce la sua completa disponibilità: «Credo non ci sia bisogno dirle quanto io, grazie a Dio, sia disposto a ubbidire a qualunque ordine mi venga notificato dai miei superiori. La voce loro è per me quella di Dio, cui voglio serbar fede fino alla morte; e, coll'aiuto suo, ubbidirò a qualsiasi comando per quanto penoso possa riuscire alla mia miseria».

Trasferire padre Pio sì, ma attenendosi ad una grande prudenza e senza essere troppo frettolosi a compiere un dovere, che di fronte a circostanze concrete non esige troppa fretta.

Durante una visita di un funzionario di Polizia, inviato da Roma, anche se placata da assicurazioni, la popolazione rimase sempre diffidente, tanto che una scorta vigilante di contadini fu posta permanentemente a guardia del convento, decisa a tutto per evitare il trasloco di padre Pio.

Chi ripetutamente aveva esclamato: «Se padre Pio fosse un buon religioso obbedirebbe, abbandonando subito S. Giovanni», non conosceva o non voleva conoscere la realtà dei fatti. La situazione non era così semplice come si voleva far credere: padre Pio non partiva, perché i superiori non volevano che partisse!... Sembra un controsenso, eppure è così: non sono mai riusciti a trovare — i superiori — il modo ed il momento buono per il trasferimento e perciò quegli stessi che desideravano insistentemente l'esecuzione degli ordini dati, di fronte ad una reazione popolare incontrollata si facevano guidare dalla prudenza e dalla pazienza.

Santa creatura

Mentre gli altri inquisiscono, litigano e si querelano, padre Pio, «con meravigliosa pazienza — dice il padre guardiano del tempo — contenta tutti», nonostante stia poco bene, debolissimo e l'assedio dei forestieri, qualche giorno, sia continuo.

La luce che si sprigiona dalla sua virtù non è offuscata dalle nubi con le quali si tenta vanamente intralciare il suo cammino e la sua ascensione a Dio.

Coro, chiesa e cella: questa è la sua vita.

Sempre lo stesso lavoro, sempre la stessa ritiratezza. Una dolorosa interruzione a tale metodo di vita: il 3 gennaio 1929 la morte della mamma, avvenuta a S. Giovanni Rotondo, ove si era recata per passare vicino al figlio — dopo parecchi anni che non lo vedeva — le sante feste natalizie.

Chi ha la fortuna di avvicinarlo ne resta «entusiasta» e parte sollevato dalle miserie e dai dolori deposti ai suoi piedi.

In molte pagine del diario del padre guardiano del tempo è cosa ordinaria leggere: la mattina è stata occupata dal padre nelle confessioni; sino alla sera un via vai di persone che vengono per confessarsi; si rimane in confessionale sino alle 11 in tre e dalle tre e mezzo alle sei e mezzo pomeridiane sempre a confessare uomini e donne; giovedì santo 800 persone (in quella chiesetta!...): uomini 350; comunioni 700, tutti comunicati da padre Pio celebrante; padre Pio è sempre pronto a confessare, anche se debole e indisposto: «in tutto il giorno il padre è occupato a sentire miserie e dolori di uno e di un altro, e veramente con pazienza ammirevole e da santo, perché con la sola forza umana non potrebbesi resistere così a lungo e quotidianamente».

A cui fa eco la testimonianza dei fedeli; un ottimo parroco: «sono molto depresso fisicamente e moralmente e sogno e sospiro il momento di fare una scappata a S. Giovanni per rinfrancarmi nell'anima»; un allievo ufficiale della Regia Accademia di Modena si ricorda che «molto lontano, sopra una collina verdeggiante in purità di spirito, una santa creatura, sensibile a tutte le miserie umane, prega il Padre, intercede per i poveri derelitti del mondo» e ritorna ad implorare assistenza spirituale; un convertito: «è bastato che io mi accostassi a lui, perché io mi accostassi a Dio. Sono felice, divinamente felice».

* * *

Durante questo tribolato periodo della sua vita padre Pio ci dà un perfetto esempio di obbedienza.

Mentre tanta gente si occupa e si preoccupa attorno a lui, egli tutto questo lo sa, ma non si sconcerta di nulla: segue la sua via tranquillo ed obbediente al minimo cenno — è il suo padre guardiano che lo dice — non fa osservazione a qualsiasi innovazione al suo consueto modo di vivere; il solito sorriso sfiora sempre il suo labbro, la solita cordialità continua ad usare con tutti; «una cosa sola sembrami scorgere: la preoccupazione in lui se assolve alla sua missione di bene nelle anime. Per me sì — risponde affermativamente a se stesso il padre guardiano — perché è un esempio di sacrificio della propria volontà a quella dell'autorità».

Serenità, però, conquistata e non calma da macigno, perché anche padre Pio è un uomo che soffre, segue con preoccupazione ciò che per lui e attorno a lui succede, e uniforma la propria volontà, a goccia a goccia, penosamente ma generosamente a quella di Cristo, crocifisso per obbedienza.

La sorgente a cui attingere forza e perseveranza è la preghiera: padre Pio, assolto il ministero sacerdotale, si può dire che «passa quasi tutta la giornata in continua orazione, specie mentale», la sera resta in coro fino a tarda ora, sempre e da tutti è ammirata la sua attenzione, devozione e raccoglimento quando celebra, con un preparamento e ringraziamento che si protraggono oltre un'ora.

«Per quanto grande sia la prova — ci suggerisce lo stesso padre Pio (lettera del 7 dicembre 1915) — a cui il Signore vi sottoporrà (...), non vi perdete mai di coraggio. Ricorrete con più filiale abbandono a Gesù (...). La potenza di Dio, è vero, di tutto trionfa, ma l'umile e dolente preghiera trionfa di Dio medesimo (...). Oh! se tutti gli uomini di questo gran segreto della vita cristiana (...) ne facessero in se stessi l'esperienza, quanto abbondante frutto di santità in sé ne esperimenterebbero!».