CON DIO E TRA LE ANIME La sua giornata padre Pio la continua a passare pregando, leggendo e confessando le persone che lo attendono: «con tutta pazienza ascolta le loro confessioni e li rimanda — ordinariamente — contenti e soddisfatti, perché lì trovano la pace che da tempo avevano perduto». La sua Messa: meraviglioso spettacolo di fede e di devozione; «chi lo ha visto una volta celebrare non lo dimentica più». I suoi amori: l'Eucaristia, la Madonna, la Chiesa. Un dialogo interrotto La cittadinanza non disarma ed è sempre pronta ad «insorgere di un sol cuore», per difendere «anche a mano armata» padre Pio, che «ci è più caro della nostra medesima vita». Considerate tutte le circostanze, giacché padre Pio non può partire, si aggira la situazione con un «grave provvedimento» (23 maggio 1931), del seguente tenore: padre Pio viene privato di tutte le facoltà di ministero, eccetto la santa Messa che potrà celebrare non in chiesa ma privatamente nella cappella interna del convento, senza la partecipazione di alcuno. Il padre guardiano, preso da un senso di scoraggiamento e di avvilimento, tentenna, procrastina, ma alla fine, un dopo vespro, si decide a comunicarlo a padre Pio che, come al solito, stava in coro a pregare. Conosciuto il provvedimento, alzando gli occhi al cielo, disse: «Sia fatta la volontà di Dio». «Poi si coprì gli occhi con le mani, chinò il capo e più non fiatò. Cercai di confortarlo — ci dice il povero padre guardiano — ma il conforto egli lo trovò solo in Gesù pendente dalla croce, perché poco dopo tornò in coro e vi restò fino alla mezzanotte ed oltre». Non potendo parlare agli uomini di Dio intensificò il suo colloquio con Dio parlandogli degli uomini. La mattina dell'11 giugno 1931 padre Pio celebra nella cappellina interna del convento con il solo inserviente, restando sull'altare per più di tre ore; e così quasi tutte le mattine. La notizia del provvedimento si sparse in un baleno, non soltanto in chiesa ma anche in regioni lontane; numerosi furono i telegrammi e le lettere di dispiacere e di conforto di tante anime che a lui si univano nella preghiera. Giorno 14 luglio 1933, festa di san Bonaventura: anno di grazia. Padre Pio può celebrare di nuovo in chiesa e confessare i religiosi fuori chiesa. Appresa la notizia, egli si alza, va ad inginocchiarsi davanti al padre provinciale, gli bacia la mano e ringrazia il Santo Padre per la sua paterna bontà. La domenica 16 luglio scende per celebrare alle ore 9, tra la «visibile e profonda commozione» dei presenti; un sacerdote bavarese: «per me — testimonia — S. Giovanni Rotondo è stata una novella Assisi; ed ascoltando la Messa di Padre Pio, ho visto Gesù Cristo sulla terra rivivere dopo tanti secoli!...». Diffusasi la notizia, riprende l'afflusso dei fedeli ed aumentano le confessioni e le comunioni. Padre Pio il 25 marzo 1934, domenica delle Palme, riprende ad ascoltare le confessioni degli uomini ed il 12 maggio successivo quelle delle donne. Ricercato direttore di coscienza, da allora sino alla morte, assiduo nell'ascoltare le sacramentali confessioni, il suo confessionale è «sempre affollatissimo», fedele al suo proposito: «preferisco essere portato al confessionale sopra una sedia, anziché non poter più confessare», recandovisi — negli ultimi tempi — proprio su una sedia a rotelle. È la lucerna che il Signore ha posto sul moggio: non può occultarsi e attira tante anime con il suo chiarore e calore: «Sì, sì andate, ne avrete del bene», rispondeva Pio XII ad un gruppo di pellegrini francesi, che domandavano se potevano recarsi a S. Giovanni Rotondo. La sorgente della santità È L'Eucarestia. Se l'azione che un sacerdote può svolgere per la salvezza del mondo è multiforme, la più degna, la più efficace, la più duratura è senza dubbio quella di «farsi dispensatore dell'Eucarestia, dopo essersene egli stesso abbondantemente nutrito. L'opera non sarebbe più sacerdotale, se egli, sia pure per lo zelo delle anime, mettesse in secondo luogo la "vocazione eucaristica"» (Pio XII). Il Concilio Vaticano II ribadisce lo stesso concetto: i sacerdoti quando celebrano il sacrificio eucaristico svolgono la loro «funzione principale»; «nella santissima Eucarestia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo». Padre Pio «viveva per la Messa», «viveva della Messa», per lui «sorgente della luce, della forza, dell'alimento del suo duro servizio per la salvezza dei peccatori», proprio come insegna il Concilio Vaticano II: «tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclasiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla Eucarestia e ad essa sono ordinati». La sua Messa, celebrata in una maniera inconfondibile, richiamava l'attenzione ed incideva sulla devozione di quanti la presenziavano. Il «Corpus Christi eucharisticum» era la sua fonte di apostolato, centro ed alimento della sua vita interiore; il suo cuore smaniava di unirsi a Lui sin dalle primissime ore del mattino; le sue preparazioni alla Messa o Comunione erano veglie prolungate. Passata la mezzanotte, «per il povero Padre era un tormento, un'ansia continua (...). Dall'altare pendeva tutta la sua vita, con il suo amore, con il suo dolore, con la sua carità; ed ha trasfuso nei suoi figli tutto l'ardore che gli veniva dal Corpo e dal Sangue di Gesù». La Messa perdura nel culto eucaristico, perciò il magistero ecclesiastico ricorda al sacerdote non soltanto che egli «prima di tutto è ordinato alla celebrazione eucaristica» e di questo Sacramento deve farne «alimento di vita soprannaturale per sé e per i fedeli», ma gli raccomanda anche la «ineguagliabile importanza del culto eucaristico fuori della Messa». Pare di vedere ancora padre Pio, quale «singolare sentinella», al suo posto abituale del vecchio coro o del matroneo della nuova chiesa, in un colloquio incessante ed intimo con Gesù ostia, «mentre le anime lo fissano con una protesa attenzione, legate fra loro da una stessa forza: quella dell'unità dello spirito». Al Figlio per mezzo della Madre Lo stesso magistero ecclesiastico esorta i sacerdoti a venerare e amare, «con devozione e culto filiale», «la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli Apostoli, l'Ausilio dei Presbiteri nel loro ministero». E Paolo VI propone ai singoli cristiani, come «maestra di vita spirituale», Maria, «modello di tutta la Chiesa nell'esercizio del culto divino»: guardare a Maria, per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita. La venerazione e l'amore a Maria santissima è una delle componenti essenziali della spiritualità di padre Pio, ma non è nostro fine dimostrarlo, qui accenniamo soltanto al pio esercizio del santo Rosario o corona della beata Vergine Maria, di cui egli era talmente innamorato da diventare un «rosario vivente». Il problema dei problemi per ogni cristiano è — anche attraverso il culto — l'esigenza di rivestirsi di Cristo, conoscerlo, approfondire il suo insegnamento, amarlo. Il Concilio Vaticano II valorizza la Liturgia come una delle vie maestre che conduce a Cristo, «ritenuta come l'esercizio di Gesù Cristo stesso». Ma vi sono anche altre vie capaci di condurre anime a Cristo: una di queste è il Rosario, infatti esso ci fissa in Lui, nei quadri della sua vita e della sua teologia, «non solo con Maria, bensì, per quanto a noi possibile, come Maria, che è certamente quella che più di tutti lo ha pensato» (Paolo VI). La presentazione allo sguardo spirituale dell'orante dei «misteri del Rosario», fanno di questo pio esercizio una meditazione cristologica, perché ci aiutano a studiare Cristo dal migliore posto di osservazione, e cioè da Maria stessa. Ci può essere migliore guida di una Madre al Figlio? «Con lei, nel Rosario, percorriamo sicuri il cammino della storia della salvezza nel nucleo centrale di attuazione del piano stesso. È la via storica che anche il Concilio Ecumenico Vaticano II ha vivamente raccomandato» (card. Palazzini). A questa «preghiera evangelica» — come oggi, forse più che nel passato, amano definirla i pastori e gli studiosi — padre Pio attingeva continuamente per l'impegno apostolico e la efficace promozione della vita cristiana. Contemplava Maria nel piano della salvezza voluto da Dio e, nella sua luce, si sentiva più vicino a Gesù: «stretto e legato al Figlio — diceva — per mezzo della Madre»; «questa tenerissima Madre nella sua grande misericordia, sapienza e bontà ha voluto punirmi in modo assai eccelso col versare nel mio cuore tali e tante grazie, che quando mi trovo alla presenza sua ed a quella di Gesù sono costretto ad esclamare: "Dove sono, dove mi trovo? Chi è che mi sta vicino?". Mi sento tutto bruciare senza fuoco; mi sento stretto e legato al Figlio per mezzo di questa Madre». L'amore alla Madre di Dio lo inebriò e lo fece diventare apostolo: «Vorrei avere una voce così forte per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna»; «amate la Madonna», «la Madonna guidi il vostro cuore», «la Madonna regni sovrana nei vostri cuori», «la Madonna sia la stella che guidi il vostro cammino», «recitate sempre il rosario»... erano i messaggi ai figli vicini e lontani. Sfogava il suo tenerissimo amore alla Madonna con la recita senza numero di Rosari: per le scale, per i corridoi, in mezzo alla folla, sempre e dovunque con la corona in mano, nascosta nella pettorina dell'abito; ed è passato al premio eterno stringendo tra le mani la corona del «Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci annoda a Dio», e mormorando forse l'ultima Ave Maria sulla terra, prima di cominciar a dar lode a Dio e alla sua Madre celeste nella vita eterna. Due giorni prima di morire a chi gli chiedeva: «Padre, cosa ci dite?», egli rispondeva: «Amate la Madonna e fatela amare. Recitate il rosario e recitatelo sempre. E recitatelo quanto più potete». E a chi gli ripeteva l'eco di un certo andazzo del Rosario che «ha fatto il suo tempo», egli diceva: «Facciamo quello che abbiamo fatto sempre, quello che hanno fatto i nostri padri e ci troveremo bene». «Ma satana impera nel mondo». «Perché Lo fanno imperare: può uno spirito imperare da sé se non si unisce alla volontà umana? Amate la Madonna e fatela amare, recitate sempre il suo rosario e bene. Satana mira sempre a distruggere questa preghiera, ma non ci riuscirà mai: è la preghiera di Colei che trionfa di tutto e su tutti. È lei che ce l'ha insegnata, come Gesù ci ha insegnato il Pater noster». Un altro atto di devozione filiale di padre Pio alla Madonna era la recita dell'Angelus Domini, a cui partecipavano tanto volentieri gli amici occasionali o abituali, edificati dal suo tono caldo, raccolto e amoroso: la voce scopriva il cuore di un figlio incatenato dall'amore della più tenera tra le madri. Paolo VI nella esortazione apostolica sul culto della beata Vergine parla anche di questo pio esercizio, con parola breve ma viva, per mantenere «consueta la recita», perché anche a distanza di secoli conserva inalterato il suo valore e la sua freschezza, senza bisogno di «restauro», e «nonostante le mutate condizioni dei tempi, invariati permangono per la maggior parte degli uomini quei momenti caratteristici della giornata — mattina, mezzogiorno, sera —, i quali seguono i tempi della loro attività e costituiscono invito ad una pausa di preghiera». Madre dei cristiani Maria, «madre della Chiesa»; la Chiesa, «madre dei cristiani». La Chiesa, testimone perenne della presenza di Dio nel mondo, ha lo stesso fine che ebbe Gesù Cristo venendo al mondo; è la santità di Cristo in mezzo al mondo ed i cristiani devono vivere in santità individuale con mire ecclesiali, perché essa possa presentare al mondo il suo vero volto, così come lo configurò Cristo, suo fondatore. La Chiesa è «madre dei cristiani» e la maternità esige corrispondenza e fedeltà dai suoi figli, rispetto, obbedienza ed amore: senza tale amore la vita del cristiano non può essere ecclesiale; amore che deve stimolare ad una corrispondenza generosa, aiutandola nelle urgenti necessità di ordine spirituale con la preghiera ed il sacrificio, con l'obbedienza e il consenso agli insegnamenti ed esortazioni del suo Magistero; il «sentire con la Chiesa» è norma inconfondibile per il vero cattolico. Tutte verità — queste — attualizzate e vitalizzate da padre Pio. Figlio obbediente della «santa madre Chiesa» (espressione sua), la Chiesa è «sempre madre» — soleva dire — anche quando percuote». Tutta la sua attività ministeriale non si è trovata mai «fuori dei tempi nuovi»: egli non è stato colto in contropiede dal proposto ed auspicato rinnovamento del Concilio Vaticano II e non si è dovuto affannare a cambiar marcia e dirottarsi per le vie dell'aggiornamento: già le percorreva. Le vie battute dai santi sono le più sicure, le più certe e sempre attuali, perché sono le vie del Vangelo. Padre Pio ha sempre amato la Chiesa ed ascoltata la sua voce: «Voglio vivere e morire nella Chiesa». In questo povero frate del Gargano che tutto il mondo conobbe ed ammirò, forse nulla «vi è di più grande che il suo silenzioso, persistente, quasi caparbio, sebbene tanto umile amore alla Chiesa, la sua fedeltà alla Chiesa, la sua disponibilità completa che, nella prima ventata, gli consentiva di prepararsi serenamente a partire per la Spagna e, nella seconda, gli consentì di cedere con tutta semplicità la sua più sognata e amata realizzazione terrena. L'ultima sua parola, quando ormai nessun velo gli nascondeva prossimo il transito dal tormentato crocifisso esilio alla Patria, fu perciò una lettera di leale filiale affettuosa devozione alla Sede Apostolica. Poi, in silenzio, come era vissuto, se ne andò» (card. Lercaro). Padre Pio ci insegna ad amare la Chiesa ed il Papa, verso cui egli era «tenerezza», «rispetto», «devozione»: si chiamasse Pio X o Benedetto XV o Pio XI o Pio XII, quello che sia; «il mio primo ricordo nella preghiera — diceva — è per il Papa». La tenerezza per il Papa, vicario di Cristo! «Mai una critica. Sempre il rispetto, la preghiera. Ricordo quando padre Pio, a bassa voce, in modo che nessuno sentisse, mi ha detto: Enrico, di' al Papa (Pio XII) che io do con immensa gioia la vita per lui. E poi Pio XII che mi ha detto: "No, professore. Ringrazi padre Pio. Sono tanto stanco". E dopo sette giorni era lassù» (Medi E.). E due giorni prima che morisse padre Pio, lo stesso professor E. Medi chiedeva a Paolo VI: «Santità, io vado su al Gargano. Son cinquant'anni delle stimmate di padre Pio. Posso portare la sua benedizione?». E il Papa mi ha detto: «Con tutto il cuore. Con tutta la gioia. Con tutto l'affetto». * * * Prega di continuo; medita per ore intere davanti a Gesù sacramentato: è il suo «vero riposo dopo le fatiche del ministero»; a chi gli domandava: «Padre, quando non ci sarete più, come faremo senza di voi?», rispondeva: «Andate innanzi al tabernacolo: in Gesù troverete anche me»; sente la nostalgia del Cielo, ma è inchiodato alla terra per aiutare i fratelli d'esilio; soffre, il dolore lo sente acuto, ma lo cerca per il «buon Gesù»: salvare anime; retto sempre da una dolce rassegnazione: «devo fare soltanto la volontà di Dio e se piacerò a lui il resto non conta»... e potremmo continuare a raccogliere semi per l'eternità in questo campo — ch'è la vita di padre Pio — in cui il buon Seminatore ha trovato terreno fertilissimo al cento per cento. Per il nostro profitto spirituale ascoltiamo la sua voce in modo particolare sui tre amori, che sono «gli amori dei santi» e dei buoni cristiani: amore alla Chiesa, amore all'Eucaristia, amore alla Madonna. Vissuto nella Chiesa, cresciuta in lui durante gli anni di sua vita terrena: «la Chiesa — ci ricorda — è sempre madre, anche quando ci percuote». L'esortazione, eco fedele della Chiesa, ad amare la Madonna in modo particolare con la recita del santo Rosario, da lei sempre e tanto raccomandato: «Amate la Madonna e fatela amare, recitate sempre il suo rosario e recitatelo bene». La cruda frase: «tu devi capire cosa significhi ogni giorno ammazzare mio Padre, ammazzare Gesù», e le sue ore ed ore di preparazione alla santa Messa: «Padre, non le sembra molto tempo?». «Figli miei, non è mai troppo prepararsi alla santa Comunione!...», ricorda ai fedeli l'impegno ad una partecipazione più responsabile, attiva e devota al Sacrificio eucaristico e la retta disposizione dell'anima alla santa Comunione, lavata dal sangue di Cristo nel sacramento della riconciliazione; ed ai sacerdoti il loro «splendido ministero come confessori (...). Le altre opere per mancanza di tempo, potrebbero essere posposte o anche abbandonate, ma non il confessionale» (Paolo VI), ed ai Cappuccini nel loro capitolo generale del 12 luglio 1976 lo stesso Sommo Pontefice Paolo VI: «So che è discusso, contestato, che non è alla moda. Voi mantenetelo; siate dei buoni confessori, specializzati in questa terapia che vi dà la scienza delle anime, una scienza di Dio, che nessun'altra psicologia o psicoterapia può dare agli uomini, a quegli che soffrono in questo mondo. Siate buoni confessori! Siate attaccati al confessionale. L'Ordine dei Cappuccini, del resto, vanta maestri insigni in questa arte finissima». E ricorda ancora l'efficacia della Confessione frequente a tutti i fedeli in cerca di santità — sacerdoti, religiosi, laici. E riferendosi negli anni precedenti (20 febbraio 1971) specificamente al fruttuoso apostolato di padre Pio, che gli faceva radunare intorno una «clientela mondiale», lo spiegava «perché diceva la Messa umilmente» e «confessava dal mattino alla sera». |