IL VISO DI DIO Chi si impegna a scoprire elementi comuni nelle persone di eccezione, arriva alla consolante conclusione che «l'eroismo cristiano dimora in cuore di carne»; ma il più delle volte si fatica molto per scoprire questi «cuori di carne». In tale mala sorte incappano anche tanti uomini, che più si avvicinano a Dio e più son creduti «legati a niente», quasi che la grazia trasformi la natura al punto «da dimenticarla». Invece il Santo è «l'uomo reale, quale bisogna ch'egli sia»; un uomo che, attraverso la sua concreta umanità, conformata e modellata su quella di Dio-Uomo, fa trasparire nel mondo il «Viso di Dio». Padre Pio, meraviglia di Dio Padre Pio non cerca né si compiace di muoversi nella sfera della vita mistica, ma — come tutti gli autentici mistici — vi è attratto dal soffio dello Spirito; e da parte sua vi aderisce con generosa e costante fedeltà. Accenniamo brevemente a quei fenomeni straordinari da lui vissuti nell'ordine conoscitivo, affettivo e sensitivo. Ebbe estasi ed apparizioni sin dal quinto anno di età e pensava che fossero «cose ordinarie a tutte le anime». La sua vocazione viene accettata, spiegata e programmata da celesti visioni, che continuano anche «non molto dopo il noviziato». Nelle sue lettere ai direttori spirituali si trovano frasi, quali: «mi è apparso nostro Signore, il quale così mi ha parlato...»; «io sono il trastullo di Gesù Bambino»; «è venuto Gesù e mi ha detto...». Padre Pio che non è affatto un credulo, non accetta a cuor leggero rivelazioni e locuzioni; anche se intimamente persuaso della veracità di tali fenomeni, dà ad essi pieno assenso soltanto dopo l'approvazione dei direttori spirituali, anch'essi non facili a credere e ad accettare se non con ponderatezza. I santi, i beati e le anime del purgatorio non solo possono ma appaiono realmente molte volte. Un padre cappuccino si presentava a padre Pio «proprio nell'ora che si dipartiva da questa valle di lagrime». Appena vistolo, gli dice: «Come — esclama — mi hanno detto che eri gravemente malato e tu ti trovi qui?...», «Eh! ora son passate tutte le malattie» e disparve. Nella sua vita non mancano scrutazioni di cuori. Alla sollecita e ripetuta chiamata per confessare un uomo, padre Pio che pregava in coro, alza la testa e severamente dice: «Insomma questo tale ha fatto aspettare venticinque anni nostro Signore per decidersi a confessare ed egli non può aspettare cinque minuti me?». Il fatto era vero. Ad un altro spiega come si sia «giocata all'ultimo momento» la grazia «per un eccesso commesso in un momento di estrema prova»; e l'interessato al racconto circostanziato di padre Pio, «per lealtà di gentiluomo e per dovere di coscienza», conferma pienamente che non è altro che «la pura e santa verità». Non manca il dono delle lingue: conoscenza infusa di idiomi stranieri, senza nessun previo studio od esercizio. Egli non aveva studiato né francese né greco e capiva l'una e l'altra lingua, scrivendo anche in «lingua gallica». I celesti personaggi — scrive il 20 settembre 1912 — non cessano di visitarmi e farmi pregustare l'ebbrezza dei beati. E se la missione del nostro angelo custode è grande, quella del mio è di certo più grande, dovendomi fare anche da maestro nella spiega di altre lingue». Altro fenomeno mistico straordinario è la bilocazione e il profumo. Un soldato, terminata la guerra del 1915-1918, si reca per curiosità a S. Giovanni Rotondo perché durante un'operazione bellica viene salvato da un cappuccino mai visto e gli fanno il nome di padre Pio. Dopo la Messa, in sagrestia: «Oh Dio! — esclama — Sì, è lui, non mi sbaglio...», si avvicina, cade in ginocchio e piangendo a mani giunte: «Padre, grazie d'avermi salvato dalla morte; grazie...». E padre Pio, poggiandogli la mano sul capo: «Non me, figlio mio, devi ringraziare, ma nostro Signore e la Vergine delle Grazie». Il profumo — simbolo del «buon odore» delle virtù praticate da un servo di Dio, «odore di santità» — è un aroma singolare che nulla ha di comune con i profumi della terra. Durante la recita dell'ufficio divino in coro, a volte «si avvertiva un profumo tutto particolare, che emanava dalle piaghe delle sue mani sanguinanti». Un dottore ricorda bene «quel profumo», quasi «gustato»: notò che dal corpo di padre Pio «proveniva un certo odore», non parendogli «gran buona cosa che un frate, e tenuto poi in quel concetto, usasse profumi», ma poi constatò che non era profumo artefatto e che non era suggestione la sua, e conclude: «ho voluto fare questa leale dichiarazione, perché è troppo abituale consuetudine attribuire a suggestione quei fenomeni che non si spiegano o non si sanno spiegare». Di questi fenomeni e doni speciali si è parlato tanto nei riguardi di padre Pio; e su questo a suo tempo si pronunzierà la Chiesa, come pure sulle grazie e miracoli a lui attribuiti, sia nell'ordine fisico che morale. Una cosa è certa: che la sua figura era ed è nota a tutto il mondo, da tutte le parti accorrevano ed accorrono a lui, fedeli e scettici, richiamati dalla sua fama di santità. Il mistero che raduna e sintetizza la vita e la missione, la caratteristica di questo grande personaggio, è che in lui si è rinnovato — in quanto era possibile a chi non era Figlio di Dio — la Passione di Gesù Cristo. È il pensiero del card. Giuseppe Siri su padre Pio, da lui definito «un portatore di cose meravigliose». «Uomo per mezzo secolo confitto alla croce», padre Pio ha «sempre accettato con perfezione vera la missione di essere inchiodato in croce». E perché questa missione fosse capita, Dio gli ha fornito «motivi di credibilità», e glieli ha forniti «larghissimamente»; la Grazia divina sopra padre Pio fu veramente «una pioggia torrenziale». Padre Pio, uomo di questo mondo Nessun santo è un sognatore ozioso; al contrario, gli autentici amanti di Dio sono intensamente personali, perfettamente naturali, umani e appassionati. In essi la loro esemplare umanità è sublimata, ma non cancellata dalla grazia; la santità fiorisce, se Dio aiuta, dappertutto ed ogni ambiente le può giovare, ogni condizione di vita le può essere propria, quando «l'incontro delle due volontà divina e umana» vi provocano la vittoriosa «scintilla della carità». È un conforto sapere che non tutti i santi sono nati santi e che anch'essi sono creature che lottano per risolvere lo stesso problema umano del peccato e della tentazione che ogni giorno aggredisce noialtri. Padre Pio — a noi sembra — è un modello perfetto: «gronda» spiritualità e umanità. Testimonianze, impressioni e fatti sono tanti e tanti: l'imbarazzo è soltanto nella scelta. Chi si era formata l'idea del «fraticello», si trova davanti ad un padre Pio, «robusto, forte nella persona e nei modi»; vede venirsi incontro «un antico guerriero dalla tonaca scura aperta sul collo» e rimane attonito a guardare quell'uomo «inaspettato, così impreveduto, pieno di energia e di vigore»: per scacciare il male dal cuore degli uomini, due sono le armi adeguate, la dolcezza prima e poi, insostituibile, la forza; né l'una disgiunta dall'altra può far nulla. Il volto del frate «era affascinante: la fronte possente e priva di rughe a malgrado dell'età avanzata, le sopracciglia scure e spesse, lievemente volte all'insù, sopra gli occhi lunghi percorsi da un lampeggiare continuo, occhi di diamante». Il naso largo, la barba bianca e nera tutto intorno alla guancia e al mento robusto, accentuavano l'impressione di trovarsi di fronte a un «rustico condottiero»: E la voce! «squillante nell'accento meridionale, non aveva mai timore di farsi udire perché nulla trovava da travisare, né mai era fermata da un attimo di pentimento». Sempre parlando — era tempo di ricreazione serotina — e camminando in su e in giù per l'orto, padre Pio si tirava dietro altri confratelli e laici visitatori occasionali, «come se quel corpo, non alto eppure dominante su tutti gli altri, avesse il potere di una calamita». Quest'uomo che porta nella sua carne le cinque piaghe di Gesù crocifisso, par quasi non accorgersene, o almeno li considera fatti privati dei quali la gente non si dovrebbe interessare. «Quello che invece lo esalta e lo accende ogni giorno, è la dedizione agli altri, la passione per i problemi concreti degli uomini. Operare per il bene dei viventi, specie quelli che soffrono, è la sua unica missione». Non è «uggioso», «retrivo», «moralista» e neppure un «utopista»: gli basta che gli uomini, anziché perseguire una impossibile perfezione sulla terra, si astengano dal compiere il male, «soprattutto il male dettato da astratte ideologie o da sfrenata cupidigia di sopraffazione». Che padre Pio sia un santo, nessuno ha il diritto di sostenerlo, oggi; «certo è un uomo, un vero uomo che abbiamo avuto la ventura di incontrare in tempi di inganni e di paure». Chi visse accanto a lui, sperimentando un po' di calore che sprigionava da quel vulcano sempre acceso ch'era il suo cuore, tenta alla meglio di dirne qualcosa — non trovando altra espressione che «cuore d'oro». Il cuore di padre Pio! «No, non riesco a tradurre l'armonia gentile che lo spirito di Dio vi alitava dentro. Per me è stato un eterno bambino, esultante alle sorprese che gli si procuravano, dalla presa di tabacco all'offerta di un cioccolatino. Gustava il delicato piacere dell'amicizia, purificata e garantita dalla povertà. Sensibilissimo alla minima cortesia che riceveva e ricambiava con preghiere e grazie di vita eterna. Penetrantissimo, di una sensibilità di mimosa, intuiva a distanza il desiderio degli uomini e rispondeva a chi lo amava con immediata prontezza». L'uomo che viveva con Dio, provava anche lui la gioia di conversare con gli uomini; il suo senso di umanità e di bontà che gli riluceva negli occhi è difficile precisarlo con parole. La misericordia lo trascinava, a volte, in una complicità che potrebbe sembrare strana in un uomo di Dio; lui, così nemico del peccato, sapeva discernere caso da caso, e perciò a chi una frustata, a chi un sorridente abbraccio; solo chi lo conosceva troppo bene poteva accorgersi che egli dissimulava per non far soffrire i suoi fratelli. Sentimenti di intensa compassione sorgevano nell'anima sua, allorché gli si presentavano gli ammalati, specialmente se piccoli. «A volte restava come paralizzato, e non riusciva a far altro che piangere su di essi. Disse infatti una volta: "Oh, se potessi distruggere il dolore dalla faccia della terra!". Ma subito si corresse: "E chi sono io che voglio fare quello che Dio non fa?"». La sua umanità ce lo rende ancora più vicino a noi per i suoi «rimasugli di natura». Lieto ed arguto, la sua dolcezza non era languida; i suoi motteggi e parole taglienti potevano anche destare ammirazione e le sue «sfuriate» scandalizzare. Nessuno sarà così santo da non andar soggetto a imperfezioni. Non accettiamo per buone tutte le ingegnose trovate di quelli che a tutti i costi vanno alla ricerca di chi sa quale recondito motivo spirituale e soprannaturale in ogni gesto di poca grazia compiuto, o apparso come tale, da padre Pio, volendo sostenere la mancanza del pur minimo «rimasuglio di natura» nella sua vita, dalla nascita alla morte. Giornalisti, biografi e visitatori sovente hanno parlato di «certa scontrosità ora faceta, ora sbrigativa e agghiacciante usata dal padre cappuccino con persone venutegli improvvisamente dinanzi ed anche con penitenti andati a inginocchiarsi ai suoi piedi». La scontrosità di padre Pio è collera esercitata per zelo o è, almeno qualche volta, impazienza apparentata — secondo il modo umano di concepire — a rimasugli di natura? È l'una e l'altra cosa. Padre Pio non porta in petto un animo legnoso: si dispiace, se ingiustamente ripreso; si lamenta del silenzio alle sue ripetute domande; difende con una certa vivacità il diritto alla vita... Il suo direttore spirituale lo esorta a calmarsi di fronte a certi avvenimenti ed a confidare al buon Gesù la propria debolezza: «bisogna che tu non ti meravigli né ti avvilisca per qualche infermità del tuo cuore», anche se è convinto che i santi non hanno i sensi «avventurieri» e tengono sempre in freno le tendenze «discole». Discepolo e maestro sanno il «bonum patientiae», eppure il discepolo candidamente confessa che «in certe ansie eccessive», «senza che lo voglia», va soggetto ad atti d'impazienza e si rammarica che «qualche volta», «anche senza volerlo e senza avvertirlo», gli accade di «alzare un po' la voce in ciò che riguarda la correzione». Prega, geme, si lamenta con nostro Signore ma ancora non è esaudito «a pieno»; nonostante tutto il suo impegno, qualche volta «mi tocca di fare quello che purtroppo aborrisco e voglio evitare». Il direttore consiglia e suggerisce un pratico rimedio: «Non ti agitare per gli scatti, quantunque non ti devi mai quietare. Se il Signore non ti dà la grazia della perenne e continua dolcezza, è per lasciarti una base di esercizio alla santa umiltà. Imponiti per penitenza, ogni volta che ti scappa il freno, di mostrarti subito due volte piu soave. Con l'inconscienza non vi è colpa e specialmente negli atti repentini, io penso che si tratta di un residuo dell'abitudine già contratta». Padre Pio, accetta, si impegna e comunica i risultati al suo «sempre carissimo padre»: «Madama dolcezza pare che vada un po' meglio, ma non sono neppure io soddisfatto. Ma non voglio perdermi d'animo. Son tante, padre mio, le promesse che ho fatto a Gesù ed a Maria»; ne fa oggetto delle sue assidue meditazioni «ed ancor assiduo soggetto delle mie insinuazioni alle anime». Le sue «sfuriate» sono zelo per le anime. Divorato dall'amore di Dio e del prossimo, con Dio sempre fisso nella mente, «come è possibile vedere Dio che si contrista pel male e non contristarsi parimenti? Vedere Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini, e per pararli altro rimedio non vi è se non alzando una mano a trattenere il suo braccio, e l'altra rivolgerla concitata al proprio fratello, per un duplice motivo: che gittino via il male e che si scostino, e presto, da quel luogo dove sono, perché la mano del giudice è per scaricarsi su di esso. Credete pure, però, che in questo momento il mio interno non resta scosso o menomamente alterato. Non tento altro se non di avere e di volere quello che vuole Dio. Ed in lui mi sento sempre riposato, almeno coll'interno sempre; coll'esterno qualche volta un po' scomodo». Il padre Benedetto comprende, vuol sapere e gli fa un augurio: «Fammi sapere come va il fatto tuo, se noti il pieno dominio o non ancora. Quanto m'importa saperti dolce, abitualmente dolce come i santi!». I peccati del mondo! che prima di rattristare lui rattristano il cuore di Dio e danneggiano le anime; e perciò vi erano, talvolta, sul volto, nello sguardo e nel linguaggio, venature di amarezza, che non provenivano da insofferenza o da interiore ribellione a situazioni sconvolgenti, bensì dalla vista di cose che non avrebbe voluto vedere. Semplice strumento nelle mani di Dio, scuoteva per amore: presso di lui vi erano soltanto anime da salvare e non dava «il dolce a chi aveva bisogno del purgante» (espressione di padre Pio). Se questa «savia durezza», «sdegnosità di superficie», «violenta carità» a più di qualcuno dava fastidio, molti ne intuivano il motivo giusto: «mandava via» gli uomini «lontani» per avvicinarli di più. Un giorno che bistrattò un'anima, al lamento di una persona che era presente: «Ma, padre, l'avete ammazzata quell'anima!», spiegò: «No, l'avrei stretta al cuore!». Si faceva forza ad essere burbero, rude; gli costava doversi mostrare in quell'atteggiamento, quando invece il suo temperamento era tutto teso a «stringere al cuore» quanti gli si avvicinavano, ed è un fatto incontestato che i maltrattati non si davano pace e con più voglia ed audacia tornavano a lui. Ricondurre le anime al «dolcissimo Gesù», specie con il sacramento della confessione: questo è un aspetto meraviglioso del suo apostolato sacerdotale. La confessione, sua gioia e suo tormento, per ben amministrare il «sangue di Cristo» nel lavacro delle anime. Un altro motivo addotto da chi ha sfiorato il problema dei «gesti di poca grazia» nella vita di padre Pio è la difesa da una popolarità, che in un certo momento non ebbe più né misura né ritegno, che però sbiadisce di fronte alla sua innata umiltà: «Non so come quest'abito di san Francesco che indosso non scappi da me! L'ultimo delinquente della terra è d'oro al par di me», diceva al padre guardiano che un giorno gli manifestava affetto e stima; «se tornassi a nascere — diceva tremando di fronte alla dignità sacerdotale — mi farei frate, però non sacerdote. Mi spaventa la mia indegnità e mi spaventa la responsabilità del sacerdozio»; a chi lo ringraziava per qualche favore ottenuto dal Cielo: «Figlio mio — esclamava — che cosa posso fare io? Tutto viene da Dio. Io sono ricco di una sola cosa: d'una infinita miseria». Un altro aspetto umano di padre Pio è la gioia, il «gigantesco segreto del cristiano» (Chesterton), non ostante la selva dei salici piangenti sia sempre folta e sia più facile vedere un angelo che scoprire tra i cristiani una faccia allegra. Tale stortura ha infettato anche certi agiografi che a volte ci hanno afflitto con biografie di santi taciturni, corrucciati, mentre al contrario essi ricordano che Dio «ci ha creati nell'amore perché viviamo nella gioia» e son contenti sempre e di tutto, perché la nostra gioia è Qualcuno e non qualcosa. Un aspetto particolare della gioia è il buonumore, come «capacità di rilevare e rappresentare il ridicolo delle cose, in quanto non implichi una posizione ostile o puramente divertita, ma l'intervento di una intelligenza arguta e pensosa e spesso indulgente simpatia umana». Questo ed altro intendiamo, parlando dell'umorismo e del buonumore di padre Pio: la letizia, l'allegria, la giocondità, la battuta scherzosa ed arguta, piacevole, allusiva e pungente, ma non fino a convertirsi in ironia. È un datore ilare, serve Dio e lo serve con gioia, con riso innocente e schietto che gli viene dal cuore puro, possiede quella gioia «sacra» che ha in Dio il suo punto di riferimento. «Formidabile» conversatore, «vivace» e «brillante» che possiede ed usa tutte le malizie psicologiche per incatenare il suo uditorio, ma soprattutto è la sua «grande carica d'umorismo che non sfugge a nessuno». Si «divertiva» e faceva divertire, nel senso proprio etimologico della parola, deviando la tensione dell'animo e del corpo dalle abituali attività, per godere una pausa di quiete e di riposo nei brevi gioiosi intercalari del ministero; si «rilassava» («relaxare»: rallentare, che è distensione), partecipando sempre e volentieri alle ricreazioni della fraternità, non dimenticando che l'amabile e fraterna conversazione è pure carità e la carità «è sempre preziosa». Dal suo inesauribile repertorio traeva le storie «più impensate ed originali», raccontando con «prestigiosa disinvoltura», da far invidia al più brillante narratore. Conosceva e sapeva usare la piacevole virtù dell'«eutrapelia»: né troppo e né troppo poco, faceto e urbano, impegnato uomo di Dio, che trasfigura anima e corpo nella pace e nella gioia. * * * Il Signore ad ogni creatura dà i suoi talenti, con l'impegno di farli trafficare. Padre Pio c'insegna a non far cadere i doni divini in terra arida e spinosa. Chiamato a ripetere in modo eminente «qualcosa» della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, quando si sente spremuto dal torchio di pesanti prove, ricorre a Dio, offre a lui le sue sofferenze, ma va in cerca anche di un sostegno e di una persona umana e non nasconde le lacrime: sono i «fiottarelli» della natura — come li chiama san Leonardo da Porto Maurizio — rimasti anche nei santi, nostri amici e modelli, che con il loro comportamento insegnano a noi poverelli di Cristo come possiamo sfogarci filialmente con il Signore senza offenderlo. Pur «affogato» nel pelago dell'amor divino, è convinto di essere il più grande peccatore perché radicato in quella santa umiltà, che scava il vuoto nell'anima per preparare il posto a Dio che verrà a riempire quel vuoto: «Io riconosco benissimo — scrive padre Pio — di non aver in me niente che sia stato capace di attirare gli sguardi di questo nostro dolcissimo Gesù. La sola sua bontà ha colmato l'anima mia di tanti beni». Il suo esempio ci dice che il liberarci dai difetti è un presupposto necessario per raggiungere la santità, ma è vero anche che la santità non consiste nell'essere liberati da ogni difetto. Ci consiglia a raccogliere l'impazienza come si fa col gomitolo, con calma e dolcemente, pazientare d'essere impaziente: «Non voglio perdermi d'animo» e «voglio questa virtù» mediante l'aiuto di Gesù e di Maria. Sa amare genuinamente e semplicemente, come ama e si comporta un «uomo naturale»; tratta familiarmente con tutti e familiarmente risolve i problemi, anche quelli vasti e complicati. Ci insegna ad avere della vita una visione bella e chiara, lui vero poeta della vita: «Chi vuole amare Dio, può. Basta togliersi quello che è disordine. Entrando nell'ordine si ama Dio. Amare Dio e tutto il creato». Verace figlio di Francesco d'Assisi, non accetta l'opposizione tra creazione e Creatore: non è la natura che è corrotta, ma è la volontà che la corrompe; non si onora affatto il Creatore, maledicendo la creatura, quasi che il Dio redentore ci impedisca di credere nel Dio creatore. La natura è cattiva soltanto se si stacca da Dio, il pensiero del soprannaturale non fa diventare miserabili le cose di questo mondo, ma ridona ad esse la interiorità di cui sono state svuotate. Ed in questo cantico al Creatore non stona la nota della gioia, anzi è in perfetta sintonia non soltanto la gioia, ma «la pienezza della gioia». «Canta e cammina» — ci incita padre Pio, con sant'Agostino — canta con la voce, canta col cuore, canta con i costumi» e se il ricordo di te ti fascia di tristezza, il pensiero di Lui ti illumini di gioia. Leale, aperto, cordiale, la sua pietà si fonde con un cuor leggero: dove vi è molta fede — è stato scritto — vi sarà anche moltissimo sorriso («è sempre primavera nel cuore che ama Dio» — disse il curato d'Ars — e parlava per esperienza personale). Sorriso condito con un pizzico di quel «sale della vita», che si chiama umorismo. Padre Pio confessa che non può «patire il criticare e il dir male dei fratelli», «la mormorazione mi mette a nausea. Abbiamo tanti difetti da criticare in noi, perché perdersi contro i fratelli? E poi mancando alla carità, si intacca la radice dell'albero della vita, col pericolo di farlo seccare» — ma, a volte, si diverte «a punzecchiare». Per padre Pio non c'era proprio bisogno di rivolgere al Signore la preghiera di santa Teresa, la quale temeva più una religiosa malcontenta che una banda di demoni: «Liberami, o Signore, dalle devozioni sciocche e dai santi con l'espressione acida». |