CAPITOLO IX

SOLLIEVO AI SOFFERENTI

Chi pensa di amare Dio e trascura il prossimo, non lo ama veramente; e chi crede di ricordarsi di Dio solo quando «fa qualcosa per gli altri», erra. La strada, l'unica rivelata da Gesù, così stupendamente semplice, è: amore di Dio e del prossimo.

Uno fa qualcosa per gli altri nella misura in cui prega ed ama Dio.

Padre Pio amava gli uomini, e li amava sinceramente come figli di Dio e fratelli suoi, perché pregava molto. Per il loro bene spirituale era diventato «il cireneo di tutti»; per lenire le ferite della carne inventò «la cattedrale della carità» e la chiamò «Casa Sollievo della Sofferenza».

Ospedale civile san Francesco

S. Giovanni Rotondo lamentava la mancanza di un ospedale e padre Pio il 25 gennaio 1925 ebbe la gioia di vedere inaugurato il piccolo «Ospedale civile san Francesco», sorto nel vecchio convento delle Clarisse.

«Volle che in questo Comune — ricordano le parole dell'epigrafe — sorgesse un ospedale. Egli raccolse tra i fedeli ammiratori i fondi necessari all'erezione dell'opera».

Ben assistita medicalmente, amministrativamente e religiosamente, l'umile opera soddisfaceva «in modo egregio le esigenze più urgenti».

Due corsie, una per gli uomini ed una per le donne, con sette letti ciascuna e due camere riservate: attrezzatura idonea ai bisogni; cure ai poveri gratuite.

Dopo tredici anni di attività assistenziale, il piccolo ospedale chiudeva i battenti, rovinato dal terremoto del 1938.

Restaurato e trasformato, il locale divenne asilo infantile.

La creatura della Provvidenza

Il terremoto fece crollare le mura che servivano alla carità per i fratelli, ma non seppellì sotto le sue macerie la carità stessa, che nel cuore di padre Pio cresceva a dismisura e che più tardi divampava in vasto incendio.

La sera del 9 gennaio 1940 nasceva, nella sua cella, «Casa Sollievo della Sofferenza» e l'idea divenne immediatamente operante.

Il 25 maggio dello stesso anno i suoi amici per la prima volta vengono a conoscenza di un «sogno» di alcuni suoi figli spirituali, da molto tempo vagheggiato: la costruzione nella regione del Gargano, a S. Giovanni Rotondo, di «un grandioso ospedale», «espressione della carità di Cristo» e che «potesse accogliere gratuitamente» tutti gli ammalati.

«Più volte — continuano questi figli spirituali — abbiamo raccolto dalle labbra e dal cuore sacerdotale di chi ci è Padre questo ardente desiderio e, fiduciosi nella divina Provvidenza, abbiamo deciso di attuarlo».

Terminato l'uragano bellico ed appianate inenarrabili difficoltà, il 16 maggio 1947 si poneva la prima pietra della «cattedrale della carità».

La Provvidenza apriva il cuore, padre Pio pregava, ascoltava i suoi collaboratori, consigliava, incoraggiava, visitava la sua creatura che cresceva a vista d'occhio, e bella, ed era contento.

Il 26 luglio 1954 segna la prima meta raggiunta: si aprono gli ambulatori ed inizia il sollievo della sofferenza.

Il 5 novembre successivo entra in funzione la banca del sangue.

Il 5 maggio 1956 la notizia che tutti attendono: inaugurazione di «Casa Sollievo della Sofferenza».

Lo stesso padre Pio presentava la «creatura della Provvidenza» alla straripante folla: «È stato deposto nella terra un seme che il Signore Dio riscalderà coi suoi raggi d'amore (...). Quest'opera che voi oggi vedete è all'inizio della sua vita (...). Una tappa del cammino da compiere è stata fatta. Non arrestiamo il passo, rispondiamo solleciti alla chiamata di Dio per la causa del bene, ciascuno adempiendo il proprio dovere: io, in incessante preghiera di servo inutile del Signore nostro Gesù Cristo, voi col desiderio struggente di stringere al cuore tutta l'umanità sofferente per presentarla con me alla misericordia del Padre celeste».

La voce di Pio XII benedice e loda l'ospedale di S. Giovanni Rotondo, «frutto di una delle più alte intuizioni d'un ideale lungamente maturato e perfezionato a contatto con i più svariati e più crudeli aspetti della sofferenza morale e fisica della umanità (...). L'Opera progredita pazientemente tenace, si presenta come un magnifico successo uno degli ospedali meglio attrezzati d'Italia» (8 maggio 1956).

Mentre si costruiva la Casa, si cominciava anche, e soprattutto, a pensare alle qualità tecniche e morali del personale di assistenza, il cui principio ispiratore — secondo il pensiero e la parola di padre Pio — deve essere: «in ogni bisognoso c'è Cristo».

È la caratteristica su cui poggia la funzionalità ideologica della Casa: il motivo strettamente umano della lotta contro il male con l'apporto di tutti i mezzi moderni, viene elevato da quello soprannaturale, col realizzare in ogni momento della giornata l'esortazione evangelica: «In verità vi dico: tutte le volte che avete fatto qualcosa ad uno di questi minimi, l'avete fatto a me».

Il 10 maggio 1956 entra il primo ammalato e pochi giorni dopo già ospitava un nutrito gruppo di degenti; al 31 dicembre dello stesso anno si erano avvicendati duemila ammalati e sin dall'inizio del 1957 i trecento letti erano costantemente occupati ed era necessario aggiungere letti supplementari e già si chiedeva l'ampliamento dell'Opera.

«Facciamo più grande l'ospedale»

Nel giorno del primo anniversario (5 maggio 1957) padre Pio, tra l'altro, diceva: «Dio ha riscaldato con i suoi raggi d'amore il seme deposto (...). Da oggi riprendiamo la seconda tappa del cammino da compiere»: adeguarsi «tecnicamente alle più ardite esigenze cliniche», aumentare il numero dei letti, completare la sistemazione, perché l'Opera «diventi tempio di preghiera e di scienza, dove il genere umano si ritrovi in Gesù crocifisso, come un solo ovile sotto un solo pastore».

Il numero dei letti veniva aumentato sino alla saturazione e padre Pio continuava ad insistere: «Mettete altri letti, sacrificate gli uffici, la biblioteca; ma non dite no ai malati».

Quando non ci restò un centimetro quadrato di spazio, disse che non si sentiva di rifiutare ospitalità agl'infermi, perché «ai malati non si nega mai nulla» e fidando nella Provvidenza: «Facciamo — dice risoluto — più grande l'ospedale».

Il 5 maggio 1958 egli stesso, con accensione a distanza, nello studio del cappellano della clinica, faceva brillare la mina: segno d'inizio dei nuovi lavori; il 16 luglio benediceva la prima pietra della nuova ala ed a lavori ultimati (1966) la capacità ricettiva di Casa Sollievo saliva a 600.

Sempre più grande e più bella

Con la raddoppiata disponibilità di letti, gli indici di ricovero salgono rapidamente e già nel 1967 raggiungono i valori limite. Particolarmente pressante si fa la necessità di una maggiore disponibilità di letti per il ricovero dei bambini e dei malati di medicina generale.

Padre Pio dispone tempestivamente per il secondo ampliamento e tra gli ultimi atti della sua vita terrena vi è l'approvazione di tale progetto, già pronto.

Il 6 luglio 1969 il card. Sergio Guerri pone la prima pietra del modernissimo padiglione e la costruzione, progettata dall'ingegner Poma Murialdo e tecnicamente diretta dal geometra Franco Gandolfi, viene inaugurata il 1 giugno 1973 dal card. Mario Nasalli Rocca di Corneliano.

La costruzione si articola in tre piani: il pianterreno è destinato ai servizi generali; il primo per l'ostetricia con sala medici e sala ostetriche, e ginecologia, direzione del primario, sale operatorie parto-travaglio, sala nido, psicoprofilassi ostetrica, colposcopia, colpocitologia, con una capacità recettiva di 98 letti.

Il secondo piano è occupato dalla pediatria: direzione del primario, sezione neo-natali, sezione seconda infanzia, sezione prematuri, sezione malattie infettive, con una capacità recettiva di 150 letti.

L'impostazione funzionale della pediatria risponde a concetti modernissimi: si articola in un asse generale di disimpegno, su cui si innestano i servizi generali e si accede ai settori di degenza, che posseggono anche servizi propri con autonomia completa.

Ampie e magnifiche vetrate consentono ottima visibilità e accoglienza di soggiorno; i nuovi padiglioni sono collegati al corpo centrale da una luminosa galleria.

* * *

Padre Pio considerava Casa Sollievo della Sofferenza «miracolo della fede e della carità», la «pupilla dei suoi occhi», la sua «grande opera terrena», perché costruiva la casa a Gesù.

A chi la giudicava troppo bella e lussuosa, egli rispondeva: «Troppo lussuosa?... Ma se fosse possibile, la Casa la farei d'oro, perché il malato è Gesù e tutto è poco quello che si fa per lui».

Bella la Casa, che deve essere riserva di amore per chi la deve abitare: «Quest'Opera — diceva padre Pio — se fosse solo sollievo dei corpi, sarebbe solo costituzione di una clinica modello, fatta con mezzi della vostra carità, straordinariamente generosa. Ma essa è stimolata ed incalzata ad essere richiamo operante all'amore di Dio, mediante il richiamo della carità. Il sofferente deve vivere in essa l'amore di Dio per mezzo della saggia accettazione dei suoi dolori, del suo destino a Lui. In essa l'amore dovrà corroborarsi nello spirito del malato, mediante l'amore a Gesù crocifisso, che emanerà da coloro che assistono la infermità del suo corpo e del suo spirito. Qui, ricoverati, medici, sacerdoti saranno riserve di amore, che tanto sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri».

Che padre Pio ci comunichi almeno una particella di quella «grandissima» compassione ch'egli sentiva per il prossimo: per lui vedere un povero, era subito sentire un «veementissimo» desiderio di soccorrerlo, spogliandosi, «perfino dei panni per rivestirlo».

«Se so poi che una persona è afflitta, sia nell'anima che nel corpo, che non farei presso del Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di vederla andar salva, tutte le sue afflizioni, cedendo in suo favore i frutti di tali sofferenze, se il Signore me lo permettesse».